Dopo il discorso del 3 gennaio

Situazione politica

Nell’ultima riunione del Comitato centrale si era detto che la situazione politica e generale era tale da far giudicare che la parola d’ordine dei comitati operai e contadini potesse trasformarsi da parola di agitazione in parola di azione: potesse, cioè entrare nella fase della realizzazione concreta. A questa realizzazione noi avevamo affermato che doveva essere rivolta l’attività del partito e dei suoi organi; fino ad oggi, però, non abbiamo ottenuto in questo campo grandi risultati.

Come si è intanto sviluppata la situazione politica in questo periodo di tempo? Le opposizioni avevano pensato effettivamente a provocare un movimento antifascista, il quale avrebbe dovuto avere il suo sbocco a Milano, con cui giungere alla caduta del fascismo e alla instaurazione della dittatura militare. Ma quando si trattò di affrontare concretamente il problema della esecuzione di questo piano, nel Comitato delle opposizioni si manifestarono delle divergenze e dei dissidi, naturalmente difficili da superare, e in realtà non si concluse nulla di serio. Il fascismo, consapevole di questo piano delle opposizioni, reagì con un’azione che ebbe come suo punto culminante il famoso discorso di Mussolini; e il governo, con i provvedimenti relativi alla stampa i quali resero impossibile la pubblicazione dei documenti scandalistici che servivano all’opposizione per la sua campagna fra le masse popolari, tolse all’Aventino l’unica sua forza e liquidò senz’altro le opposizioni.

Le opposizioni avevano sperato nel re; ma con la loro azione spinsero invece il re a legarsi maggiormente a Mussolini, poiché il re ebbe paura della situazione che le opposizioni andavano determinando, tanto è vero che persino alcuni elementi della Corte avevano sconsigliato la pubblicazione del memoriale Rossi che segnò l’inizio della controffensiva fascista.

Cadute cosí le speranze delle opposizioni, l’azione loro fu trasmessa a Giolitti, Salandra e Orlando, che presero posizione contro la legge elettorale, e intorno ai quali si determinò la formazione di un grande blocco democratico-popolare con a capo Giolitti.

L’Aventino ha oggi finito la sua funzione storica: la parte borghese di esso prende una posizione propria e nuova e da luogo alla formazione di un centro liberale-costituzionale con fisionomia e programma politico proprio. Nel seno dell’Aventino vi sono tuttavia degli elementi che tendono ad altri sbocchi: questi elementi sanno che le forze costituzionali dell’Aventino vogliono soltanto succedere a Mussolini e che si serviranno del comitato d’azione delle opposizioni soltanto come di un comitato di provocazione (il quale, tuttavia, farà molto poco poiché Giolitti vuole evitare ogni azione violenta); ma credono di poter restare con le forze costituzionali dell’opposizione, per utilizzarne le disponibilità finanziarie e materiali, e di poter cospirativamente allargare e acutizzare l’azione in modo da condurla a soluzioni diverse da quelle a cui tendono quelle forze costituzionali. In questo senso tali elementi hanno parlato con noi e ci hanno anche fatto delle proposte. Noi non abbiamo nessuna fiducia in questi elementi; tuttavia crediamo necessario seguirne attentamente l’attività, porli dinanzi a problemi concreti e prospettare loro chiaramente quella che potrebbe essere la nostra piattaforma di azione. Le forze di questi gruppi del resto sono scarse e si riassumono in pochi repubblicani, negli aderenti all’«Italia libera», nei migliolisti e in pochi unitari.

Da parte del fascismo o, meglio, di Mussolini, si tende con la nuova legge elettorale a ottenere un risultato elettorale uguale a quello dello scorso 6 aprile, ma in modo pacifico e su di una piattaforma mussoliniana anziché fascista. Mussolini poggia oggi, piú che sugli elementi estremisti del suo partito, su di una riorganizzazione della Confederazione generale dell’industria che sposti la situazione; egli accetta in realtà il programma dei fiancheggiatori, sebbene se ne sia separato nel campo parlamentare. Liberandosi degli elementi squadristi estremisti, Mussolini formerà un partito conservatore e, con la nuova legge elettorale, riuscirà senza difficoltà a formarsi una maggioranza mussoliniana anziché fascista, senza violenza fisica e sostituendo a tale violenza la frode.

Tra le forze antifasciste, quelle confederali sono certamente le maggiori, ma tutta la tattica confederale è rivolta a eliminare le forze rivoluzionarie in modo da far sembrare che esse siano scomparse.

La tattica confederale, d’altra parte, rende piú evidente dinanzi alle masse la necessità che i comitati operai e contadini diventino una realtà, poiché le masse operaie, come classe, non possono fare a meno di cercare degli organi e delle forme in cui sia loro possibile trovare un’espressione politica propria. Quando nel 1919 i sindacati abbandonarono il terreno di classe, la massa trovò nel Consiglio di fabbrica la sua espressione politica con cui affermava una volontà diversa da quella che i dirigenti sindacali esprimevano con i loro organismi sindacali. Oggi i confederali costringono nuovamente gli operai a cercarsi la loro via e il loro mezzo di espressione, per cui la nostra parola d’ordine dei comitati operai e contadini diventa piú che mai viva e reale.

La tattica confederale crea anche la tendenza a non organizzarsi e a far convergere tutto il nostro lavoro, anche nel campo sindacale, verso l’organizzazione dei comitati operai e contadini.

La situazione economica generale e soprattutto l’aumento del prezzo del pane ci danno i maggiori argomenti per la nostra propaganda e la nostra campagna.

Nel corso di questo ultimo periodo, non si è presentata al partito la possibilità di fare delle proposte alle opposizioni. In generale, le masse non credevano piú nelle opposizioni e, d’altra parte, sentivano che nelle opposizioni qualcuno avrebbe voluto fare qualcosa. Per questo si era prodotto quello stato di incertezza e di disintegrazione caratteristico di questi ultimi tempi e nel quale le iniziative trovavano un terreno sfavorevole.

Una situazione identica si era anche determinata nel campo parlamentare. Noi siamo rientrati nel Parlamento nel modo che vi è noto e col discorso di Grieco, che sfatò molte leggende messe in giro dalle opposizioni sul conto nostro, e che ebbe una buona ripercussione fra le masse. Ma il nostro intervento ultimo non ebbe il successo che aveva avuto il primo nostro intervento alla Camera. Il Parlamento ha ormai perduto ogni importanza dinanzi al paese, e il momento stesso della nostra rientrata aveva perduto molta della drammaticità del primo momento della ripresa parlamentare. D’altra parte anche i fascisti, compresi i meno intelligenti, hanno imparato in questo periodo di tempo a diventare degli uomini politici, e cioè a saper ingoiare dei rospi per ottenere determinati scopi politici; e ciò ha aumentato le difficoltà del nostro intervento, che dal punto di vista parlamentare e in quanto si riferisce al modo come esso è avvenuto non ha avuto un grande successo. Nel meccanismo parlamentare noi non siamo molto addestrati ancora.

In conclusione, possiamo dire che questo ultimo periodo di tempo ha avuto il valore di portare a una maggiore chiarificazione della situazione e degli atteggiamenti politici: oggi siamo di fronte alla formazione del partito conservatore che permetterà a Mussolini di rimanere ancora al potere, alla formazione di un centro liberale-costituzionale che raccoglie tutte le forze costituzionali dell’opposizione, a una sinistra rappresentata dal nostro partito. Tutti gli altri gruppi perdono di mano in mano ogni importanza: essi vanno scomparendo e sono destinati a scomparire. L’Aventino è disgregato, sebbene continui a vivere, piú che altro, come un insieme di blocchi; i popolari hanno disgregato l’Aventino con quella loro affermazione che da ogni partito delle opposizioni potevano essere fatte delle dichiarazioni programmatiche e di principio. Gli unitari si sono posti completamente sul terreno costituzionale; quanto ai massimalisti, essi sentono che le opposizioni vorrebbero cacciarli dal loro seno per formare un blocco elettorale da cui debbono naturalmente essere esclusi i gruppi politici che, anche soltanto verbalmente, facciano delle affermazioni anticostituzionali; ma i massimalisti faranno il possibile per trovare un compromesso e per restare nelle opposizioni.

Con coloro che, nel seno dell’opposizione, vogliono l’insurrezione noi dobbiamo mantenere dei rapporti; anzitutto perché ciò ci è utile dal punto di vista informativo, e poi perché è bene seguire certe correnti che si vanno determinando e dalle quali si sentono, ad esempio, delle dichiarazioni come la seguente: non vi è piú via di mezzo tra il fascismo e il comunismo, e noi scegliamo il comunismo. Affermazioni di questo genere, oltre ad avere un valore reale, sono anche degli indizi non trascurabili della disgregazione che va producendosi e approfondendosi nell’Aventino.

Particolarmente ci interessano gli atteggiamenti di Miglioli e di Lussu. Miglioli riprende la pubblicazione del suo giornale e, con la richiesta di mezzi da parte nostra, si lega a noi, mentre accetta una redazione formata in parte di elementi nostri. In questo giornale, che temporaneamente rimane organo estremista popolare, Miglioli farà una campagna in favore dell’adesione all’Internazionale rossa dei contadini; nel campo dell’organizzazione, egli convocherà dei convegni contadini ai quali parteciperanno rappresentanti nostri e dell’Internazionale rossa dei contadini.

Anche l’atteggiamento di Lussu, che chiede di andare a Mosca e fa delle dichiarazioni interessanti, dimostra uno spostamento di forze nelle masse dei contadini da cui i dirigenti sono premuti e che ha per noi un valore.

In generale, la disgregazione dell’Aventino ha rafforzato le tendenze rivoluzionarie e rivela uno spostamento delle masse alla base: in questi mesi non è stato possibile ottenere in forme organizzative la dimostrazione di questo spostamento: ma esso è avvenuto, e verso di noi; in forma molecolare, ma è avvenuto.

Quale sarà il lavoro pratico che il partito dovrà svolgere in base all’esame della situazione?

Noi dobbiamo intensificare l’attività rivolta a illustrare in mezzo alle masse il significato e il valore della nostra parola d’ordine dei comitati operai e contadini.

Dobbiamo impostare la lotta politica in forma piú chiara per tutti gli operai.

Dobbiamo mettere all’ordine del giorno (come preparazione concreta e non come soluzione immediata) il problema della preparazione dell’insurrezione. Gli ultimi avvenimenti politici segnano l’inizio di una fase in cui l’insurrezione diventa una possibilità, diventa l’unico mezzo di espressione della volontà politica delle masse alle quali è tolta ogni altra forma di espressione. Il partito ha il dovere di apprestare alle masse i mezzi adeguati. Noi dobbiamo perciò:

allargare le basi della nostra organizzazione;

organizzare le cellule di strada, le quali debbono anche avere un compito di controllo su tutta la vita della popolazione delle grandi città, in modo che al momento utile sia possibile da parte nostra il dare quei colpi decisivi che assicurano il successo all’insurrezione;

porci il problema dell’armamento, il quale deve essere considerato sotto due aspetti: l’organizzazione degli uomini e la preparazione necessaria per l’acquisto e l’immagazzinamento delle armi. Questa seconda parte del problema potrà essere risolta con maggiore facilità se il partito, come massa, lavorerà convenientemente nelle cellule di strada;

indicare alle cellule di strada il lavoro politico che esse debbono compiere anche in rapporto alla parola d’ordine dei comitati operai e contadini, i quali non possono essere costituiti soltanto dagli operai di officina, ma debbono diventare degli organismi di massa, con la partecipazione di tutta la popolazione che non è raccolta nelle officine e con l’intervento delle donne.

In tutto il nostro lavoro politico dobbiamo osservare il principio fondamentale: non lanciare mai parole d’ordine troppo lontane dalle forze di cui disponiamo; far coincidere a ogni parola d’ordine una preparazione reale e materiale adeguata.

Inoltre occorre allargare il centro del partito. Occorre che il partito possa disporre di un suo Comitato esecutivo politico (nel senso che sia dedicato largamente al lavoro politico che oggi è necessario svolgere) e degli organi appositi per il lavoro di organizzazione. Le nostre forze organizzative sono insufficienti, e noi dobbiamo porci il problema di aumentarle. Il Comintern vorrebbe che il partito dotasse ogni federazione di un funzionario: ciò non ci sarà possibile, per ora; ma noi dobbiamo almeno giungere alla creazione dei segretari regionali per tutte le regioni d’Italia, e specialmente per quelle dove il movimento è meno sviluppato e occorre quindi un maggior lavoro e una maggiore attività continuativa.

Il lavoro delle cellule è insufficiente. Bisognerebbe ottenere che ogni cellula facesse una relazione ogni settimana alla sua zona; la zona facesse una relazione quindicinale alle federazioni; e le federazioni inviassero almeno una volta al mese una diffusa relazione sul lavoro politico compiuto e sulla situazione locale all’Esecutivo. Sulla base di queste relazioni il Comitato esecutivo dovrebbe continuamente inviare alle federazioni delle istruzioni e delle indicazioni e dei suggerimenti che rendessero piú largo e completo e proficuo il lavoro in ogni luogo. Questo dovrebbe essere il lavoro politico principale dell’Esecutivo fra la massa del partito.

Il lavoro di carattere organizzativo dovrebbe essere affidato ad altri organi.

Quando si lancia una parola d’ordine importante come quella dei comitati operai e contadini, si segue tutta una gradazione di concetti. Tra la fase dell’agitazione e della propaganda e quella della realizzazione di tale parola d’ordine, corre un periodo per cosí dire crepuscolare, che è appunto quello da noi definito di «poco successo»; ma che non significa affatto che la parola d’ordine dei comitati operai e contadini sia stata o debba essere abbandonata. Dopo gli ultimi avvenimenti essa diventa anzi piú radicale, e rimane la nostra parola d’ordine, il centro della nostra azione, intorno alla quale si deve, naturalmente, svolgere tutto quel lavoro di agitazione a cui accenna il compagno Valle. Io ho già in questo senso dato delle istruzioni alle nostre federazioni: tutte le federazioni e le sezioni debbono, anzi, essere incaricate di studiare la situazione locale e i bisogni particolari degli operai dei diversi luoghi: questo esame preliminare costituisce il lavoro preparatorio di partito. In seguito i nostri organismi locali debbono organizzare dei convegni di officina nei quali i problemi della vita operaia vengono prospettati per riassumerli nella parola organizzativa generale della creazione dei comitati operai e contadini — organizzazioni di massa — incaricati della direzione delle agitazioni e delle manifestazioni operaie. Tutto il nostro lavoro deve essere svolto secondo questa direttiva.

Certamente noi dobbiamo far pressione sui bisogni della massa, ma per organizzarli in una forma che li riassuma, e che è quella dei comitati operai e contadini. Noi dobbiamo essere i motori di questa formazione: il processo è lento, ma avviene; e già fin d’oggi la nostra propaganda e la nostra agitazione coincidono con qualche prima realizzazione, sebbene ancora incerta.

Quanto alla nostra azione sindacale fra la massa, io ritengo che essa debba svolgersi anche fra la massa non organizzata sindacalmente. Ciò ci pone di fronte alla minaccia di una scissione sindacale, che formalmente dobbiamo evitare, ma che non ci deve immobilizzare. Noi riusciremo anzi a superarla nella misura in cui riusciremo a far dirigere il movimento dai comitati operai e contadini, nelle fabbriche e […] cittadini.

Per ciò che si riferisce al partito massimalista, il compagno Serrati ha fatto l’opuscolo, che sarà pubblicato e diffuso. È certo che dobbiamo fare qualche cosa per illustrate la posizione del partito massimalista. Per determinare una maggiore attività nella sinistra del partito socialista e affrettare la disgregazione del partito, io credo che dobbiamo attaccare la sinistra stessa.

Serrati esagera quando dice che la situazione dall’ultima Centrale a oggi si è capovolta. Le opposizioni avevano un’influenza sulle masse, ma noi sappiamo, e lo abbiamo sempre affermato, che la borghesia è attaccata al fascismo: i borghesi e il fascismo stanno fra di loro nel rapporto con cui gli operai e i contadini si trovano verso il Partito comunista russo.

Serrati. Dicevo capovolta nel senso della speranza che era diffusa nelle masse.

Gramsci. Anche questo non è esatto.

Serrati. È almeno piú esatto.

Gramsci. Le masse erano influenzate dalla borghesia, ma con una grande oscurità e confusione: ora, dinanzi a cento di confusione, dieci di chiarezza rappresentano per noi un vantaggio.

Serrati. Hai ragione.

Gramsci. Oggi le classi hanno preso posizione su scala nazionale. Il fascismo ha ridato alla borghesia una coscienza e una organizzazione di classe. In questo processo di omogeneizzazione che si è compiuto la classe operaia ha pure fatto un progresso: si è uniformizzata. L’alleanza fra gli operai e i contadini ha fatto un passo in avanti; l’atteggiamento di Miglioli e di Lussu ne sono un indizio, e in questo senso hanno un valore e meritano la nostra attenzione. In quanto si è creato un nuovo ordinamento nelle forze sociali del paese, dobbiamo riconoscere che si è fatto un progresso.

L’attività del partito ha avuto delle manchevolezze. Ma non si può non riconoscere un notevole miglioramento nel partito in generale, una maggiore iniziativa nelle organizzazioni locali. Il partito è oggi uno strumento di lotta migliore che nel passato e migliorerà nel movimento e in quanto l’azione si intensificherà.

Il compagno Longo chiede delle indicazioni precise circa la creazione dei comitati operai e contadini e la funzione delle cellule: chi non ha voglia di lavorare dice: datemi un modello preciso e io inizio il lavoro. In realtà le cellule si sono fermate dal momento in cui hanno incominciato a lavorare. Qualsiasi definizione non porterebbe che alla passività e all’inazione.

La situazione attuale è situazione che richiede una agitazione generale: la insufficienza della nostra organizzazione, naturalmente, la ostacola. Occorre intensificare il nostro lavoro in tutti i campi dell’organizzazione e dell’agitazione

Per ciò che si riferisce al partito massimalista, sono d’accordo con Serrati: presenteremo alle masse la situazione del partito socialista, ma a scopo di agitazione, come agitazione e null’altro.

Questione sindacale

Il comitato sindacale deve diventare un organismo di massa, il quale diriga le masse operaie organizzate nella Confederazione generale del lavoro e quelle che ne sono fuori: evitando, naturalmente le scissioni e i contrasti con la confederazione, ma senza rinunciare a nessuna azione per il timore di questi contrasti. Noi dobbiamo servirci del nostro apparecchio sindacale per generalizzare, acutizzare e dirigere ogni movimento, fino alla creazione dei comitati operai e contadini.

L’attuale statuto della confederazione tende a impedire che qualunque membro della confederazione diventi responsabile dei movimenti di massa. Noi dobbiamo eludere questo tentativo. Lo statuto della confederazione non ci permetterà mai di conquistare questo organismo: come in Russia, noi dovremo creare un’organizzazione centralizzata dei consigli di fabbrica che sostituirà l’organizzazione attuale sindacale per la mobilitazione e l’azione delle masse.

Il nostro Comitato sindacale sarà modificato nel senso che il compagno Azzario sarà sostituito dal compagno Germanetto. Al compagno Azzario dobbiamo dire che la sua mozione ha violato la disciplina o meglio le direttive del partito. Certo, la Confederazione del lavoro non aspettava che un pretesto per espellerci, e qualsiasi mozione avrebbe forse avuto il risultato di quella presentata, ma la prima parte di questa mozione è certamente in contrasto con le direttive date dal Comitato sindacale.

Dobbiamo reagire contro la tendenza a non organizzarsi che l’atto della Confederazione generale del lavoro certamente alimenta fra gli operai.

Questione Trotskij

La mozione dovrebbe richiamarsi alla questione della bolscevizzazione dei partiti, questione che è posta all’ordine del giorno dell’Allargato.

Dovrebbe contenere l’esposizione del pensiero di Trotskij: le sue previsioni circa il supercapitalismo americano, il quale avrebbe un suo braccio in Europa nell’Inghilterra, e che produrrebbe una prolungata schiavitù del proletariato sotto il predominio del capitale americano. Noi respingiamo queste previsioni, le quali, rinviando la rivoluzione a tempo indefinito, sposterebbero tutta la tattica della Internazionale comunista, che dovrebbe tornare all’azione di propaganda e di agitazione fra le masse. E sposterebbero pure la tattica dello Stato russo, poiché se si rimanda la rivoluzione europea per una intera fase storica, se, cioè, la classe operaia russa non potrà, per un lungo periodo di tempo, contare sull’appoggio del proletariato di altri paesi, è evidente che la rivoluzione russa deve modificarsi. In questo senso è accolta con tanto favore la democrazia sostenuta da Trotskij.

Nella mozione si dovrebbe, inoltre, dire come le concezioni di Trotskij e soprattutto il suo atteggiamento rappresentano un pericolo, in quanto la mancanza di unità nel partito in un paese in cui vi è un solo partito, scinde lo Stato. Ciò produce un movimento controrivoluzionario; la qual cosa non significa, però, che Trotskij sia un controrivoluzionario: ché in questo caso ne dovremmo chiedere l’espulsione.

Dalla questione Trotskij si dovrebbero, infine, dedurre degli insegnamenti per il nostro partito. Trotskij, prima degli ultimi provvedimenti, si trovava nella posizione in cui attualmente si trova Bordiga nel nostro partito: egli aveva nel Comitato centrale una parte puramente figurativa. La sua posizione costituiva uno stato tendenziale di frazione, cosí come l’atteggiamento di Bordiga mantiene nel nostro partito una situazione frazionistica obbiettiva. Sebbene Bordiga abbia formalmente ragione, politicamente ha torto. Il Partito comunista italiano ha bisogno di avere la sua omogeneità e che sia abolita questa situazione potenziale di frazione.

L’atteggiamento di Bordiga, come fu quello di Trotskij, ha delle ripercussioni disastrose: quando un compagno che ha il valore di Bordiga si apparta, nasce negli operai una sfiducia nel partito, e quindi si produce del disfattismo. Cosí come in Russia, quando Trotskij assunse quel suo atteggiamento, molti operai pensarono che nella Russia tutto fosse in pericolo. Ciò che per fortuna apparve non vero.

Verbale della relazione al Comitato centrale del partito comunista del 6 febbraio 1925, che precedette la partenza di Gramsci per Mosca, ove partecipò all’Esecutivo allargato dell’Internazionale comunista.
Il titolo è del curatore.