Socialisti e fascisti

La posizione politica del fascismo è determinata da queste circostanze elementari:

1) I fascisti, nei sei mesi della loro attività militante, si sono caricati di un pesantissimo bagaglio di atti delittuosi che rimarranno impuniti solo finché l’organizzazione fascista sarà forte e temuta.

2) I fascisti hanno potuto svolgere la loro attività solo perché decine di migliaia di funzionari dello Stato, specialmente dei corpi di pubblica sicurezza (questure, guardie regie, carabinieri) e della magistratura, sono diventati i loro complici morali e materiali. Questi funzionari sanno che la loro impunità e la loro carriera sono strettamente legate alle fortune dell’organizzazione fascista, e perciò hanno tutto l’interesse a sostenere il fascismo in qualsiasi tentativo voglia fare per consolidare la sua posizione politica.

3) I fascisti posseggono, disseminati in tutto il territorio nazionale, depositi di armi e munizioni in quantità tale da essere almeno sufficienti per costituire un’armata di mezzo milione di uomini.

4) I fascisti hanno organizzato un sistema gerarchico di tipo militare che trova il suo naturale ed organico coronamento nello stato maggiore.

Rientra nella comune logica dei fatti elementari che i fascisti non vogliano andare in galera e che vogliano invece usare la loro forza, tutta la forza di cui dispongono, per rimanere impuniti e per raggiungere il fine massimo di ogni movimento: il possesso del governo politico.

Cosa intendono fare i socialisti e i capi confederali per impedire che sul popolo italiano venga a gravare la tirannia dello stato maggiore, dei latifondisti e dei banchieri? Hanno stabilito un piano? Hanno un programma? Non pare. I socialisti e i capi confederali potrebbero aver stabilito un piano «clandestino»? Questo sarebbe inefficace, perché solo un’insurrezione delle grandi masse può spezzare un colpo di forza reazionario, e le insurrezioni delle grandi masse, se hanno bisogno di una preparazione clandestina, hanno anche bisogno di una propaganda legale, aperta, che dia un indirizzo, che orienti gli spiriti, che prepari le coscienze.

I socialisti non si sono mai posti seriamente la questione della possibilità di un colpo di stato e dei mezzi da predisporre per difendersi e per passare all’offensiva. I socialisti, abituati a rimasticare stupidamente alcune formulette pseudomarxiste, negano la rivoluzione «volontarista», «miracolista», ecc., ecc. Ma se l’insurrezione del proletariato venisse imposta dalla volontà dei reazionari, che non possono avere scrupoli «marxisti», come dovrebbe comportarsi il partito socialista? Lascerebbe, senza resistenza, la vittoria alla reazione? E se la resistenza fosse vittoriosa, se i proletari insorti e armati sconfiggessero la reazione, che parola d’ordine darebbe il partito socialista: di consegnare le armi o di continuare nella lotta fino in fondo? Noi crediamo che queste domande, in questo momento, siano tutt’altro che accademiche e astratte. Può darsi, è vero, che i fascisti, che sono italiani, che hanno tutte le indecisioni e le debolezze di carattere della piccola borghesia italiana, imitino la tattica seguita dai socialisti nell’occupazione delle fabbriche: si traggano indietro e abbandonino alla giustizia punitiva di un governo ricostruttore della legalità quei dei loro che hanno commesso dei delitti e i loro complici. Può darsi; è però cattiva tattica affidarsi agli errori degli avversari, immaginare i propri avversari incapaci e inetti.

Chi ha la forza, se ne serve. Chi sente il pericolo di andare in galera, si arrampica sugli specchi per conservare la libertà. Il colpo di stato dei fascisti, cioè dello stato maggiore, dei latifondisti, dei banchieri, è lo spettro minaccioso che dall’inizio incombe su questa legislatura. Il partito comunista ha il suo indirizzo: lanciare la parola d’ordine dell’insurrezione, condurre il popolo in armi fino alla libertà, garantita dallo Stato operaio. Qual è la parola d’ordine del partito socialista? Come possono le masse ancora fidarsi di questo partito, che esaurisce la sua attività politica nel gemito e si propone solo di far tenere dai suoi deputati dei «bellissimi» discorsi in Parlamento?

L’Ordine Nuovo, 11 giugno 1921. Non firmato.