Bollettino del fronte interno

Abbiamo colto altra volta il prof. Vittorio Cian nelle sue funzioni di strenuo milite… del fronte interno. Intorno a questa tipica macchietta di «eroe» in pantofole stiamo mettendo insieme un dossier interessantissimo, che conserviamo per tempi migliori, quando la censura sarà rimandata tra i ferravecchi, e Vittorio Cian si candiderà deputato contro Giordano o contro Morgari. Diamo intanto un piccolo assaggio della poderosa opera che veniamo preparando, sicuri di superare in rinomanza e in popolarità il Croce e le sue «sottilissime astuzie di Bertoldo».

 

Racconta uno studente: Siamo ad una lezione del professore di letteratura italiana, Vittorio Cian. Abbacchiamento generale degli ascoltatori. Con la voce modulata su quella della indigena piva, ovverossia rustica zampogna, il professore legge un noiosissimo carme di Francesco Petrarca, [otto righe censurate].

Due ascoltatori assorti in chissà quale pennacchia di graziosa signorina, sorridono ebetemente, se vogliamo, ma innocentemente, senza disturbo nessuno. Ma Vittorio Cian coglie il sorriso, sbatte il libro, come fosse una bomba a mano, sul tavolino, inalbera la sua personcina da bellissimo bersagliere, e una profluvie di male parole sgorga dalle sue purissime labbra. «Chi osa sorridere mentre il Petrarca parla della patria, che in questo momento è insanguinata di barbarico sangue, è un degenerato, è un mascalzone!» La voce attinge le alte note del piffero. Tutti sono allibiti. Un soffio di pazzia criminale soffia nell’aula che sentí la umana parola di Arturo Graf, e sente tuttora quella di Arturo Farinelli. Vittorio Cian, a un debole tentativo di giustificazione dei due degenerati e mascalzoni, si prepara al pugilato. I due se la dànno a gambe e corrono ancora.

Conclude lo studente con aria desolata: — Ma non ci sono accalappiacani a Torino?

 

Racconta una distinta signora, benevolmente conosciuta nel campo magistrale torinese: Mi trovavo in tram con una mia amica. Ella mi raccontava la sventura di un suo figliuolo tornato dal fronte mutilato. Nell’accoramento dei ricordi la madre si lasciò sfuggire espressioni che fecero subito imbronciare un signore seduto vicino a noi. «Signora, se ella non smette sarò costretto a far fermare il tram e a chiamare le guardie». La mia amica stupita domanda: «Ma lei chi è?» «Le sarò presentato alla questura». Il tram è fatto fermare e la signora additata alla questura, e il professore si allontana con la soddisfazione del dovere compiuto.

 

Racconta un anonimo: Non bisogna credere che il pensiero della patria in pericolo faccia dimenticare al prof. Vittorio Cian di essere padrone di casa. Il decreto luogotenenziale sui fitti lo ha preoccupato non poco. Non si fida, l’egregio patriota, della garanzia dello Stato. Teme che alla fine del conflitto sia dato un taglio ai crediti verso i richiamati, e che lo Stato rimborsi solo in minima parte. L’esempio malefico della democrazia francese lo pone in pensiero; con la mania di mimetismo che affligge l’Italia, non sarà seguito anche in ciò il modello straniero? Ah! quegli stranieri… E il professore che del dio quattrino è molto devoto e non pone allo sbaraglio il suo non magro bilancio neanche per la sottoscrizione e per la Croce Rossa, tanto fa e tanta eloquenza italiana adopera, che finalmente riesce a convincere il suo inquilino a pagare il fitto senza valersi del decreto luogotenenziale, accettando un magnanimo piccolo sconto. Meglio un uovo sicuro oggi, che una problematica gallina domani, ragiona il posato prof. Cian, il quale alla patria e ai suoi difensori vuol fare sacrifizio solo della sua serietà di uomo, ma non dei suoi quattrini e del suo purissimo sangue, a ben altri destini chiamato dalla sorte.

(6 luglio 1916).