Cristianissimi

Con l’intervento del vescovo e con la sua apostolica benedizione è stata tenuta domenica l’adunanza per lo sviluppo della cooperazione cristiana, in occasione dell’annuale assemblea della Cassa popolare di Borgo Nuovo. Dopo le solite relazioni e il discorsetto vescovile, il consigliere di parte nera avv. Marconcini pronunciò un discorso che per le affermazioni contenute è, anche per noi, abbastanza interessante. La tesi sostenuta è questa: le lotte sociali hanno creato organi di resistenza e di tutela delle due classi antagonistiche: le organizzazioni operaie sorte per tutelare gli interessi dei lavoratori, e le potenti leghe degli industriali che salvaguardano quelli dei propri aderenti. Le uniche categorie rimaste pressoché indifese sono quelle dei piccoli proprietari terrieri, dei piccoli commercianti e dei piccoli artigiani. Ad esse devono pensare i cattolici colla creazione delle cooperative di credito, di produzione, ecc., perché quanto piú si infittirà la rete di queste organizzazioni tanto piú sarà prossimo l’avvento di una società veramente cristiana.

L’ultima affermazione è schiettamente democristiana, ed è preziosa perché lascia intendere che una società veramente cristiana non è ancora mai esistita dopo 2000 anni di predicazione. Ma il modo di suscitarla è d’altra parte meritevole di osservazione. Il programma economico dei cattolici è prettamente antiliberale e antisocialista. Auspica una società precapitalistica ed una forma di produzione ormai superata ed in via di completa scomparizione. E ciò fa un tantino ridere. Perché, se la società cristiana dovrà basarsi su di essa, abbiamo timore che sarà alquanto difficile vederla realizzata, e che il Marconcini rimarrà eternamente malcontento e la sua sarà la voce che chiama nel deserto. Piccola proprietà, artigianato, ecc. sono entrati nel roseo tramonto di un’età che scompare. La guerra europea accelererà ancora di piú la concentrazione capitalistica. Le piaghe immani che la guerra ha aperto nel campo economico degli Stati, potranno essere solo in parte sanate da un aumento della produzione che si avrà solo intensificando il ritmo industriale. E ciò vuol dire scomparsa di quelle forme di lavoro che la democrazia cristiana vorrebbe proteggere e rinsaldare. Del resto sarà questo il fatto che metterà sempre piú di fronte cattolici, democratici in genere e socialisti. Da una parte le forme nuove di vita economica che proletarizzano sempre piú il popolo, estendendo il salariato. Dall’altra i tentativi di quelli che si aggrappano agli ultimi residui della vita comunale e feudale e cercano invano di irrobustirli colandoli negli stampini della cooperazione. Tentativi di adattarsi, di plasmarsi da una parte, rigoglioso sbocco di forze nuove, di vitalità nuova dall’altra. E proprio a Torino, dove lo scindersi delle classi si fa sempre piú netto e chiaro, dove l’Alleanza conduce contro l’esercentato una lotta incruenta, ma non perciò meno fattiva, dove la grande officina ha fatto scomparire l’artigianato, proprio a Torino Marconcini si illude di far nascere una società veramente cristiana. E poi c’è chi si meraviglia che il consigliere di parte nera non sia mai soddisfatto di nessuno e di nulla, e non vada d’accordo neppure con se stesso.

(29 marzo 1916).