Prometeo monopolizzato

Prometeo è l’ignoto inventore del fiammifero. Prometeo è il simbolo dello spirito umano mai contento dei risultati ottenuti, che cerca sempre, migliora sempre, sostituisce continuamente il migliore al buono, l’ottimo al migliore. Prometeo è stato monopolizzato. Il fisco ha strangolato Prometeo.

Prometeo è lo spirito che soggioga il fuoco, e lo volge all’utile pratico. Il primo fiammifero è la sua torcia che trasporta dal cratere d’un vulcano, da un albero fulminato la fiamma che alimenta innumerevoli focolari. È il fuoco sacro, sempre acceso sotto il simulacro d’una dea, dal quale gli abitatori del mondo dispersi nelle campagne traggono la favilla, quando un acquazzone disperde il loro focolare. È la selce che urtata dall’acciarino alimenta l’esca; è il fosforo, finalmente, che vi permette di avere sempre in tasca cento possibili fiamme. Prometeo non riposa mai. Cento fiamme per due soldi sono troppo poche per l’utilità dell’uomo. Per il maggior benessere dell’uomo. Ritorna all’acciarino. Un pezzetto di selce (quella piú gravida di scintille), una rotellina d’acciaio (quello che meno si ossida), l’esca migliore (la benzina). Due soldi… trecento, quattrocento possibili fiamme. E lavora ancora. Il filo di platino autogeno accenditore del gas. Il filo di rame che sprigiona la scintilla piú a buon mercato: due soldi, un’infinità di scintille.

Prometeo, l’agitatore della luce, ha avuto fortuna. Il suo nemico, il fisco borghese, non era ancora nato. Il monopolio fiscale non ha, per fortuna, impedito un certo numero di sostituzioni. Saremmo ancora al fuoco di Vesta, altrimenti, e il fisco sarebbe capace di far sfilare ogni mattino i patres familias ad attingere la fiamma dal suo monopolizzato focolare, e solo da quello, per mantenere in pareggio il suo bilancio. Come domani sarebbe capace di far trainare le locomobili sui rigidi rulli, quando monopolizzerà la ruota, se Prometeo non avesse ai rulli, ai tronchi d’albero su cui i selvaggi fanno ancora rotolare i volumi pesanti, sostituito a tempo la ruota, la ruota a raggi, la ruota rivestita d’acciaio, la sottile ruota rivestita dallo pneumatico che ha dato lo schiaffo piú vigoroso alla legge della gravità dei corpi. Il fisco è lo strangolatore sempre in agguato. Ha vietato il filo di platino che fa risparmiare i cerini per il gas, ha vietato per un certo tempo l’acciarino automatico, e ora lo vieta del tutto perché troppo difficile da controllare alla gabella, perché contiene troppi fiammiferi, e la grave tassa imposta d’un colpo solo farebbe tramortire il povero contribuente. Il fisco è pesante, è filisteo come tutte le cose borghesi, ma è pesantemente, filisteamente furbo. Non vuol far morire di colpo il contribuente. Tre soldi ogni due o tre giorni, sono una goccerellina di sangue ogni due o tre giorni, venti, trenta lire per un acciarino automatico sarebbero troppo grande salasso: il fisco vieta l’acciarino, come ha vietato il filo di platino per il gas, come vieterebbe volentieri gli interruttori per la luce elettrica, se questa fosse di consumo proletario generale, e non fosse un quasi privilegio.

Il fisco è il nemico di Prometeo. Il monopolio borghese è lo strangolatore di Prometeo, dello spirito che tende a sostituire il migliore al buono, l’ottimo al migliore, affinché una sempre maggiore quantità di uomini godano del benessere, siano cioè piú liberi dai ceppi delle leggi naturali. Il fisco non è un liberatore; è un ragioniere che pensa al pareggio del bilancio borghese. Ecco perché Prometeo, che è rivoluzionario, è talvolta costretto a diventare contrabbandiere per rimanere se stesso.

(19 gennaio 1917).