L’Italia è il paese dove si è sempre verificato questo fenomeno curioso: gli uomini politici, arrivando al potere, hanno immediatamente rinnegato le idee e i programmi d’azione propugnati da semplici cittadini.
Quando l’on. Orlando proibisce il congresso del Partito socialista, egli continua questa tradizione gloriosa. Infatti l’on. Orlando è un santone del liberalismo, e nei libri, nelle definizioni contenute nei libri essere liberali significa: governare col metodo della libertà, essere persuasi che gli avvenimenti si verificano solo quando sono necessari ed è perfettamente inutile avversarli, che le idee e i programmi d’azione trionfano solo quando corrispondono a bisogni e sono lo svolgimento di premesse solidamente affermatesi, pertanto irriducibili e incoercibili, essere persuasi che il metodo della libertà è il solo utile perché evita conflitti morbosi nella compagine sociale. Ma l’on. Orlando diventa presidente del Consiglio e il suo liberalismo un errore di gioventú.
Cosí l’on. Nitti. Il finanziere F. S. Nitti è sempre stato un liberista: deputato d’opposizione ha pronunziato vigorosi discorsi di critica costruiti su idee larghissime di libertà economica, sulla teoria che lo Stato non deve mai immischiarsi nell’attività privata commerciale, non deve farsi distributore di ricchezze, non deve farsi promotore di consorzi e monopoli. Diventato ministro, l’on. Nitti propugna il cartello delle banche, fa da levatrice alla nascita di elefantiaci bambinelli industriali, che vivono solo in quanto abbondantemente sfamati dall’erario nazionale.
Cosí Giolitti, cosí Crispi, cosí tutta la tradizione gloriosa del nostro geniale paese.
Perché questo fenomeno? È solo esso dovuto alla mancanza di carattere e di energia morale dei singoli?
Anche a ciò, indubbiamente. Ma esiste anche un perché politico: i ministri non sono mandati e sorretti al potere da partiti responsabili delle deviazioni individuali di fronte agli elettori, alla nazione. In Italia non esistono partiti di governo organizzati nazionalmente, e ciò significa che in Italia non esiste una borghesia nazionale che abbia interessi uguali e diffusi: esistono consorterie, cricche, clientele locali che esplicano un’attività conservatrice non dell’interesse generale borghese (ché allora nascerebbero i partiti nazionali borghesi), ma di interessi particolari di clientele locali affaristiche. I ministri, se vogliono governare, o meglio se vogliono rimanere per un certo tempo al potere, bisogna s’adattino a queste condizioni: essi non sono responsabili dinanzi a un partito che voglia difendere il suo prestigio e quindi li controlli e li obblighi a dimettersi se deviano; non hanno responsabilità di sorta, rispondono del loro operato a forze occulte, insindacabili, che tengono poco al prestigio e tengono invece molto ai privilegi parassitari.
Il regime italiano non è parlamentare, ma, come è stato ben definito, regime dei pascià, con molte ipocrisie e molti discorsi democratici.
(28 luglio 1918).