Chi più ha ucciso

Due casi ormai non piú insoliti, non straordinari, oggi la cronaca registra. Due casi che passano pur essi sotto l’indifferenza del pubblico. Ed è quasi anacronistico per… il cronista agghindarli di considerazioni e di particolari. Forse ha ragione quello studioso di demografia che consiglia la stampa italiana ad imitare la laconicità dei giornali inglesi e tedeschi nel dare la cronaca «nera», quindi anche la cronaca degli infanticidi perpetrati da madri snaturate e disgraziate. Oggi se ne registrano due.

Una fantesca, certa Maria Saccocci, ventunenne, nativa di Siena, appena sgravatasi di una bambina confezionata in collaborazione di non si sa chi, l’ha soffocata cacciandole nella piccola bocca uno strofinaccio. La creaturina cosí non ha potuto neppure dare un gemito di dolore e di inconscia protesta. È stata spenta d’un colpo, e le mani crudeli della giovane madre dopo l’atto nefando della soffocazione, non hanno indugiato a nascondere il corpicino che è stato cacciato in una valigia. Breve: il delitto è tosto scoperto, la giovane donna sciagurata è all’ospedale di San Luigi, debitamente piantonata, ed il cadaverino è all’Istituto del Valentino.

Ancora piú raccapricciante è l’altro infanticidio che, compiuto or sono piú di tre mesi, è stato scoperto soltanto ieri. Breve ancora: la giovinetta Balocco, venuta con la sorella minore da Grignasco a Torino a guadagnarsi il pane come ricamatrice, fa all’amore con un ufficiale. Amore solido, fisiologico, non fogazzariano, ed è naturale che dia tosto il non ambito risultato. L’ufficiale parte per il fronte e la giovinetta rimane a Torino a struggersi dalla vergogna e dallo sgomento per la gravidanza che avanza inesorabile. Nessun empiastro è efficace: il piccolo essere che urge nelle viscere della ragazza resiste ad ogni assalto e la sera del trenta novembre riesce ad uscire per essere subito strangolato con una funicella dalla giovane madre, pazza di terrore nella solitudine della sua fredda cameretta. Sopraggiunge la sorella che accoglie pietosamente la confessione dell’infanticida e il cadaverino viene nascosto in una valigia e là rimane per dei mesi, finché la padrona di casa che dava in affitto la cameretta alle due sorelle, per il fetore nauseabondo che usciva dalla valigia, è indotta ad aprirla e scopre il delitto che conduce all’arresto della ragazza.

Ed ecco due casi per la Corte d’Assise. Non ho da fare l’avvocato: non voglio tentare una difesa preventiva ed intempestiva delle giovani delinquenti. Dico soltanto che ad uccidere le due creaturine appena che erano state date alla luce, piú che le madri sciagurate e certo colpevoli, è evidente che fu, come banalmente devesi quasi sempre constatare in casi simili, qualcosa che non dipende dalle volontà delle due ragazze, ma che non rimane estraneo al bene e al male borghesemente, cristianamente inteso. Qualcosa — dico — che non dev’essere gran che dissimile dal «rispetto umano», quindi dalla morale corrente. E forse non si erra a dedurre dai due fatti odierni di cronaca «nera» che la ragione economica, cioè lo sgomento dell’aggravio pecuniario che la vita di un nuovo essere importa alla madre proletaria, sola, abbandonata, entra nelle determinanti del delitto in subordine ad un altro sgomento, quello della reputazione infamata, del disonore, della offesa alla morale ostinatamente cattolica e scipitamente borghese.

Con che però non voglio concludere che la ragione materiale sia trascurabile ed illegittima e tale da non attenuare la colpa delle infanticide. Le quali non foss’altro possono ricordarci, nell’atto stesso che la legge borghese le colpisce, che i nostri costumi di civili per eccellenza, di civili insuperabili per le virtú latine, non hanno ancora acconsentito ad introdurre nella legislazione quella ricerca della paternità, garanzia morale e materiale che la barbara Germania e la nemica Austria già sanno dare ad ogni illegittimo ed inconscio nato di donna con la complicità dell’uomo, il quale in Italia di solito sfugge ad ogni responsabilità in onore e gloria alla nostra civiltà latina superiore ed insuperabile.

Chissà, forse i giudici dell’Assise che condanneranno le due infanticide, penseranno pure di contribuire in tal modo a salvare la morale e magari riterranno anch’essi che «tutto ciò che nel mondo è civile, è romano ed italiano», compresa — s’intende — la irresponsabilità giuridica dei collaboratori alla confezione di nuovi esseri umani destinati a finire soffocati in una valigia od affogati in un cesso…

(14 marzo 1916).