La tessera epistolare

Il «Giornale d’Italia», organo ufficioso di tutte le autorità, nell’articolo editoriale del 16 ottobre ci dà uno schema perfetto del come dovranno essere redatte le corrispondenze dei cittadini abitanti in zona di guerra, dopo il bando Cadorna:

La situazione economica è ottima: il movimento degli affari è addirittura vertiginoso, l’espansione industriale ha qualche cosa di prodigioso, l’agricoltura è largamente rimunerativa; circola molto denaro e il rincaro della vita è per molte classi della popolazione, e specialmente per quelle lavoratrici, sopportabile, dato il rialzo dei salari prodotto dalla febbrile produzione e in generale dall’economia di guerra. Le casse si vanno riempiendo di risparmi, sia nelle regioni industriali, sia nelle regioni agricole, e gli impieghi di denaro sono ricercatissimi, e ciò in virtú del fatto che grandissima parte delle spese di guerra vengono fatte in Paese.

La situazione interna è soddisfacente: le popolazioni sono dappertutto tranquille, laboriose, disciplinate, e dimostrano col loro sereno atteggiamento l’infondatezza della leggenda — della quale si nutrono in mancanza di piú vitale nutrimento, i giornali dei paesi nemici — secondo la quale le popolazioni latine sarebbero incapaci di prolungare lo sforzo bellico, di sopportare i disagi, di adattarsi alle privazioni. Queste e quelli sono del resto molto relativi: appena adesso, dopo quasi due anni e mezzo di guerra, cominciamo a razionare i consumi, e quanti conoscono la situazione alimentare dell’Austria-Ungheria e della Germania (come i nostri ufficiali reduci dalla prigionia di guerra) affermano che al paragone noi viviamo in un Eldorado. Una piú saggia e piú oculata organizzazione dei servizi degli approvvigionamenti e dei consumi (la genialità latina non potrà smentirsi neanche in questo campo) basterà ad eliminare gli inconvenienti ed a presidiare robustamente la resistenza del Paese.

Il Paese, dopo quasi due anni e mezzo di guerra, è in condizioni altamente soddisfacenti: l’esercito è magnifico di ardimento, formidabile di armi, fiero per le vittorie conquistate, tale insomma, da incutere timore al nemico ereditario, le nostre forze militari sono in continuo sviluppo, mentre quelle avversarie sono in fatale decrescenza; i nostri soldati accampano solidamente in territorio conquistato e sono in grado di continuare l’irresistibile marcia in avanti, mentre il già orgoglioso e tracotante esercito austriaco è costretto a cedere terreno e si logora in una umiliante ed estenuante difensiva. La marina con la sua silenziosa, energica, vigilante opera taglia al nemico le vie del mare, protegge le coste nazionali, assicura al paese i rifornimenti marittimi e porta le proprie offese e le proprie provocazioni fin sulle rive nemiche, mentre la flotta avversaria rimane ermeticamente chiusa e inoperosa.

La situazione diplomatica, rafforzata dai recenti convegni del nostro ministro degli esteri a Londra e a Parigi, è salda e promettente: l’Italia occupa tra gli alleati un posto degno della sua lealtà e purezza di intendimenti e di opere, degno del suo sforzo bellico conforme alle sue giuste aspirazioni. Il nostro Paese è uno dei fattori essenziali della politica di guerra dell’Intesa, e lo sarà del pari della politica mondiale del dopoguerra; incalcolabile è fin da oggi l’aumento di prestigio morale e di efficienza diplomatica raggiunto dalla nazione e sicuro è il suo sviluppo nell’avvenire purché giunga in perfetto ordine — come è certo — alla fine immancabilmente vittoriosa del conflitto, ecc. ecc.

(18 ottobre 1917).