Giuda e Petrolini

Un biglietto da visita con una sesquipedale filza di nomi di ascendenti e discendenti. Incominciata in bella calligrafia una frase: Ringraziamenti a Giuda Iscariota. Che dolore, che confusione per il povero cronista che ha steso la notizia dell’arresto di Ugo Nanni, che ne ha ricordato il passato, il presente e si è azzardato timidamente a prevenirne il futuro. Il colpo è stato grave per il povero cronista. Ha cercato di consolarsi pensando all’elogio di Giuda tessuto da Petruccelli della Gattina. Ma inutilmente! Cristo-Nanni, inchiodato al supplizio per scontare i peccati della turbolenta gioventú antimilitarista di molti anni fa, lo perseguitava; lo stillare delle gocce di sangue della fronte imprigionata nella corona di spine, degli arti trafitti dai ferrei chiodi questurineschi gli martella il cervello dolorosamente. Una lettera circolare pubblicata dai giornali cittadini confonde maggiormente le idee turbate del povero cronista. Da quella lettera l’immagine di Nanni-Cristo balza fuori sempre piú stagliata e sanguinolente. Il martire diventa martire superlativo; il giovinetto incorniciato di bruni capelli, che cristianamente faceva a pugni una volta colle gaffes, e urtava mezzo mondo con le angolosità della sua propaganda sovversiva, si era profondamente «evoluto».

«Sotto l’influenza della nostra santa guerra e per il ritorno ad un sano e ben inteso patriottismo, che lo spirito settario dei suoi antichi compagni di fede non gli può perdonare, si era indotto a sollecitare l’alto onore di servire la Patria sotto la divisa dell’ufficiale». Ma la questura implacabile, non tenendo conto né dell’influenza della nostra santa guerra, né del sano e ben inteso patriottismo, ricorda il passato e prepara la corona di spine e di chiodi. Un antico compagno, che ci tiene poco a perdonare, ricorda anch’egli il passato con amarezza. E ricorda specialmente che Nanni è un uomo forte (ha la disgrazia di avere una madre e delle sorelle che, anch’esse sotto chissà quale influenza, hanno riletto il Nuovo Testamento), un uomo d’azione per il quale tre mesi di carcere, ingiusti, inqualificabili secondo lui, ma non secondo il sano patriottismo, dovrebbero essere una bazzecola, un infortunio sul lavoro. Povero, ingenuo cronista! Non pensa al Nuovo Testamento ed ai paragoni odiosi, e quella fila di nomi ascendenti e consanguinei e quel nome, implacabile, di Giuda Iscariota lo turbano e lo addolorano. Ma la lancia dei nuovi Achilli è come quella dell’Achille omerico: piaga e guarisce. Un paragone tira l’altro. L’ultima «Italia futurista» paragona Gesú Cristo a Petrolini. Il cronista si rasserena. È Petrolini che egli ha tradito, non Gesú. E poiché, pur essendo il cronista, sa pesare e giudicare Petrolini, non gli dispiace in fondo troppo di non avere piú a che fare con il comicissimo uomo, anche se i futuristi lo riaccostano a Gesú Cristo.

(26 luglio 1916).