Sotto la neve

Il compitino che le maestre crederanno di dovere infliggere oggi ai loro scolari dirà che sotto la neve c’è il solito cane. I giornali l’hanno risparmiato il solito compitino, e hanno trascurato di scoprire con sempre nuova originalità che Torino sotto la neve è cosí e cosà, che i suoi viali alberati sembrano ricami e trine della fata Morgana, la quale si cura ogni tanto di dilettare gli occhi dei cittadini con le sue bizzarre fantasie. A me la neve fa venire pensieri un po’ prosaici e pedestri. Non mi sarebbe difficile ricorrendo a quella preziosissima miniera di motivi poetici che è il defunto «Popolo della Domenica», trovare materia per scrivere una variazione del «fioccate, fioccate, leggiadri fiocchettini», ma preferisco tenermi al sodo.

Sotto la neve… Per esempio la giunta sotto la neve questa volta deve aver trovato un magnifico risparmio. L’anno scorso le abbondanti e impreviste nevicate credo avessero fatto impostare in bilancio una somma di circa settecentomila lire in piú del solito; quest’anno deve esserci stata una spesa minore anche dell’ordinario. Ma non perciò pare che i padri coscritti pensino ad essere meno taccagni verso la periferia: i proletari continueranno a trovare sotto la neve… fango e mota, e in questi tempi di illuminazione ridotta, i loro accidenti non saranno meno energici del solito.

Vagolano per la notte in certi paraggi poco frequentati dalle carrozze padronali ombre scure precedute dal riflesso di lanternine cieche, e per esse la neve sulle strade non ancora selciate non deve essere una cosa molto poetica e suaditrice di pensieri soavi. Il traffico è cresciuto. Camion, automobili, carri e carretti di tutte le proporzioni si inseguono per le strade schizzando a ventaglio cumuli di una poltiglia grassa ed attaccaticcia che, se testimoniano della fertilità della pianura padana, non promettono nulla di buono per i disgraziati che se ne sentono innaffiati. Ma basta che si provveda per il centro della città! Bisogna che esso sia lindo e ben tenuto, secondo il ragionamento della cocotte che si imbelletta la faccia e trascura l’igiene intima di tutto il corpo. Cose da amministrazione Rossi, da bottegai parvenus che ornano di stoviglie istoriate le pareti del salottino, dove si ricevono i visitatori, e ammassano la famiglia in stanzaccie luride del retrobottega. Ma lasciamo i morti alla loro purulenta decomposizione.

Pensieri, come vede il lettore, triviali, pedestri, ma la neve con tutta la potenzialità di poesia che nasconde sotto il suo insidioso biancore non riesce a farmene nascere degli altri, piú fragranti, piú vistosi. E la giornata è d’altronde cosí buia e scolorita, e il cervello mi si ottunde nel riconoscere che, anche senza volerlo, ho scritto il mio bravo compitino, e incomincia a preoccuparmi seriamente il pensiero che sotto la neve io troverò la paura di… sdrucciolare.

(25 febbraio 1916).