L’avv. Arturo Brusasco è una carissima persona. A chi lo guarda nella corporatura atletica e nella cravatta svolazzante e nel cappello a larghe falde, può subitamente ispirare un salutare timore come uomo che sembra avere molta energia ed ottimi muscoli, ma la cascaggine naturale della persona ed una certa vaga mollezza del gestire e del parlare fanno presto avveduti che la prima impressione non è la buona. Chi poi legge la sua «Gazzetta dei tribunali», si avvede che il direttore dev’essere molto buono. C’è sempre un tono dolce di papà, che ammonisce gli avvocati torinesi, senza riuscire mai, anche quando vuol fare la voce grossa, a persuadere che le sue sgridate debbano essere prese sul serio: c’è diffusa una larga, tollerante bonomia di uomo scettico ed abituato a vederne ed a sentirne di tutti i colori e d’ogni sapore, che addolcisce lo scandalo piú grave e sparge un po’ d’ironia benevola sulle disavventure dei coniugi, e stempera in latte e miele il drammaccio d’amore e di morte. Perciò forse non può soffrire le stroncature che ogni tanto infliggiamo qui, Sotto la Mole, ai figuri della stampa e della politica torinese. E non lascia passare occasione per ammonirci, per dimostrarci direttamente e di straforo il suo disgusto per le nostre invettive e le nostre ingiurie, che turbano la piccola beota arcadia dei bôgianen.
Guarnieri (un saluto al parente) si accorge che i conciliatori torinesi rendono degli eccellenti servizi ai padroni di casa, livragando i diritti dei poveri inquilini chiamati sotto le armi e lascianti nelle case mogli e figliuoli affamati, e, naturalmente, maltratta come si conviene questi ff… di magistrati. Brusasco arriccia il naso e lo rimprovera di mancanza di rispetto alla magistratura e alla res judicata. È vero che in conclusione i conciliatori mutano di colpo l’interpretazione della legge, e la giurisprudenza muta anch’essa, nel mentre la loro querela li copre di ridicolo e fa la fine miserevole a tutti nota… mentre con ogni probabilità essi avrebbero continuato a fare i comodi dei proprietari. Un mio intimo amico scaraventa una serqua d’insolenze meritatissime contro un reporter che falsifica i resoconti giudiziari per sfogare la sua bile antisocialista contro qualche oscuro operaio, che è incappato nelle reti della giustizia, e Brusasco ritorna a biasimarci ed a deplorare i nostri metodi polemici. Ma è anche vero che quel signore ha cambiato sistema… Oggi c’è Ciriola-Tupin che manda allo sbaraglio il gerente della «Patria», che fa rimangiare in un processo tutte le accuse strombazzate contro la spia tedesca, ed in un altro lo fa condannare a dieci mesi ecc, per diffamazione contro un noto professionista cittadino. Noi, approfittando dell’occasione, abbiamo detto qualcosa al nobilastro spiantato, ma Brusasco ci tira le orecchie. Non ce ne abbiamo a male: a questo mondo ci vogliono anche i pacifici. Se avessimo tutti sempre voglia di lagnarci guai… La «Gazzetta dei tribunali» può servire ogni tanto da calmante… è una funzione utile anche questa.
Ma all’avv. Brusasco giornalista, e socio dell’Associazione della stampa, desideriamo sottoporre alcuni quesiti molto precisi ai quali vorremmo avere risposte altrettanto precise.
Quale giudizio egli può dare: 1) di un giornalista che eccita la censura ond’essere piú severa contro giornali avversari, che, in altre parole, falsificando persino una circostanza di fatto, fa la spia; 2) di un giornalista che dopo aver diffamato un cittadino qualsiasi, si rifiuta di pubblicarne la rettifica, non tenta al processo neppure lontanamente la prova dei fatti, e che, condannato, non pubblica sul suo giornale una sola riga per riconoscere il suo errore; 3) di un giornalista che, nel caso esposto sopra, permette che il gerente per scusarsi affermi di «aver pubblicato una lettera diffamatoria trovata per caso sul tavolo di redazione»? Se Brusasco è capace di difendere anche questa roba, io proclamo che la sua abilita e la sua bontà sono infinite e non gli prometto di scrivere meno ingiurie.
(6 maggio 1916).