Storia di veterani e di esercenti

Un veterano ritorna dal fronte per un breve periodo di licenza: ha la manica segnata di due ferite, ha il viso solcato dall’indurimento della vita di trincea. Passeggia per le vie con l’aria grave e meditabonda di chi è abituato alle lunghe solitudini, ai soliloqui interiori prolungati per giorni e giorni, ruminati in mezzo al pericolo, alla morte sempre imminente.

Il veterano vuole ritrovarsi una volta a tavola con qualche amico. Intraprende il viaggio di esplorazione attraverso l’intricato bosco dei negozi e degli spacci municipali. Avrete già notato quale rassegnata costanza riportino all’interno i reduci dalle trincee. Pare, ad osservarli, ad accompagnarli, che lo spazio e il tempo siano per loro due categorie abolite. Un chilometro di piú o di meno, bah! una scrollata di spalle, una lisciata a piene mani nei baffi, e sorridono, e riprendono la strada, senza stupori o irritazioni.

È certo che la trincea ha trasformato il carattere di molti italiani, e se ne accorgeranno, dopo la guerra, coloro che di questi mutamenti non si preoccupano, e fidano di aver ancora a che fare con l’abulica indifferenza, coll’allegro menefreghismo d’una volta.

Il veterano dunque mosse in perlustrazione per catturare un po’ di cibo rintanato nelle caverne e nelle boscaglie del paese di esercenteria. Batti e scova, trovò la pasta e il burro, non trovò il formaggio. Viaggia, viaggia, in un negozio gli sembrò che la faccia dell’esercente avesse il colore mimetico di alcuni insetti che abitano fra i formaggi, o nel formaggio sogliono presentarsi. Il veterano si stabili dinanzi al bancone, disposto a fermarvisi fino alla consumazione dei secoli o al termine della guerra. Spaventato, l’esercente fece passare qualche tozzo di quel formaggio di capra che il pubblico, commosso e riconoscente per i benefici ricevuti, ha battezzato formaggio del calmiere. E il veterano fermo come una torre. Finalmente l’ottimo esercente, raffinato psicologo, estrasse, coi segni del piú alto giubilo e della piú violenta commozione, un pezzo di formaggio aromatico, giallino, ricoperto delle stigmate piú espressive di una venerabile maturità, e lentamente lo fece transitare sotto le narici del soldato.

— Buono davvero, e quanto?

— Due e cinquanta all’etto, prezzo di vero favore.

Esclamazione di alta meraviglia (strabiliante in un reduce dal fronte) e la risposta fulminea:

— Ma non lo sa lei che siamo in guerra? — Il veterano passa le mani sui baffi, e si ritira. Anche gli esercenti si sono formati un’anima di guerra, e il veterano dice sorridendo con malinconia di aver trattenuto uno schiaffo per non essere arrestato come disfattista.

(7 aprile 1918).