L’ultimo tradimento

Achille Loria fa sapere, nella «Gazzetta del Popolo», di essere recentemente caduto dal settimo cielo. Lo spintone glielo ha proditoriamente dato Nicola Lenin, e anche di ciò Lenin dovrà rispondere il giorno del giudizio universale.

Loria ha letto (venti anni fa, dice, ma io credo abbia avuto notizia del titolo e del contenuto del libro cinque minuti prima della caduta) un libro di Wladimiro Ileijn sullo sviluppo del capitalismo in Russia. Wladimiro Ileijn non è che Wladimiro Uljanof, ossia che Nicola Lenin. Nel libro si dimostra (con molti documenti) che l’assetto capitalista va svolgendosi in Russia secondo le stesse leggi che han presieduto al suo sviluppo nelle società europee, sebbene con ritmo attenuato, e si trionfa della tesi socialnazionalistica che la Russia sia un paese privilegiato e superiore, che può evitare la tappa capitalista e balzare d’un tratto dalle tenebre del feudalismo ai fulgori del collettivismo integrale. Ora Lenin «si agita» per istituire il socialismo in Russia immediatamente, si rivela in contraddizione irriducibile con la sua opera scientifica di venti anni fa, riabilita clamorosamente la tesi flagellata in altri tempi e sferra lo spintone che ha fatto ruzzolare Achille Loria di cielo in cielo, dal settimo fino all’aiola che ci fa tanto feroci.

Povero Achille! Non bisogna andare in collera con lui, se parla di un «accodarsi» dei rivoluzionari russi «ad un esercito straniero», di un «invocare il soccorso dello straniero» per compiere l’opera rivoluzionaria! Il Loria è sotto l’impressione della caduta, e dimentica di essere uno «scienziato», e dimentica il primo dovere degli scienziati, che è quello di vagliare i documenti e servirsi solo di quelli che hanno il carattere della genuinità e della autenticità. Altrimenti il Loria non attribuirebbe ai rivoluzionari russi tante malefatte, e probabilmente non attribuirebbe neppure al Lenin l’intenzione di istituire il socialismo, nelle forme che il Loria intende con questa espressione. Perché «istituire il socialismo», come tutte le frasi perentorie, può voler dire una infinità di cose. Può voler dire istituire quella tal forma di società che si suppone debba sbocciare quando l’attuale società abbia raggiunto il culmine del suo sviluppo, e la produzione sia tutta capitalizzata, e gli uomini siano divisi con un taglio netto in capitalisti e proletari, tutti i capitalisti da una parte, tutti i proletari dall’altra. Pretendere di istituire immediatamente questa società sarebbe davvero assurdo, come sarebbe assurdo dar moglie a un bambino di due anni e aspettarsi un figliolo dopo i nove mesi dalla cerimonia. Ma istituire il socialismo può significare anche altro, e tra quest’altro c’è anche ciò che si sta facendo in Russia. E vuol dire allora: abolizione di ogni vecchio istituto giuridico, abolizione di ogni vecchio privilegio, chiamare all’esercizio della sovranità statale tutti gli uomini, e all’esercizio della sovranità della produzione [tutti] quelli che producono.

Il ruzzolone scientifico non sarebbe avvenuto se Achille Loria avesse pensato che le rivoluzioni sono sempre e solo rivoluzioni politiche, e che parlare di rivoluzioni economiche è un parlare per metafora e per immagini. Ma per il fatto che economia e politica sono strettamente legate, la rivoluzione politica crea un ambiente nuovo alla produzione e questa si svolge con fine diverso. In ambiente giuridico borghese, la produzione ha fini borghesi; in ambiente giuridico socialista, la produzione ha [fini] socialisti, anche se debba per molto tempo ancora servirsi della tecnica capitalistica, e non possa dare a tutti gli uomini quel benessere che in regime collettivista si immagina tutti gli uomini debbano e possano avere.

Sarebbe bastato per comprendere e giustificare «scientificamente» il socialismo russo domandarsi se era possibile, per esempio, continuare a giudicare i reati col codice czaristico, in cui le pene e le assoluzioni sono strettamente dipendenti dal principio d’autorità e dall’abuso del principio di proprietà privata, e se pertanto far giudicare secondo coscienza non sia, in linea provvisoria, l’unica soluzione possibile. Domandarsi se i socialisti, andati al potere sotto la spinta popolare, potessero non continuare ad essere socialisti e abolire i vecchi istituti e gettare le basi dei nuovi. E se l’atteggiamento dei rivoluzionari russi rappresenta una necessità, cosa può obiettare la scienza che è appunto ricerca e determinazione delle necessità, all’infuori di ogni apriorismo dogmatico? E in un paese che manda alla Costituente quasi il cento per cento dei suoi rappresentanti scelti tra gli assertori del socialismo, non sono necessità spirituali il socialismo, gli istituti giuridici socialisti, un impulso ai fini socialisti della produzione? Se è avvenuto in Russia che i cittadini hanno mandato a fissare la Costituzione quasi solo dei socialisti, ciò ha fatto comprendere a Wladimiro Ileijn che la Russia, pur non essendo il paese dei miracoli, è il paese dove si può evitare che la classe borghese vada al potere e giustifichi una fatalità che esiste solo negli apriorismi libreschi del professor Achille Loria.

(3 gennaio 1918).