A Val della Torre hanno rimandato per il cattivo tempo le onoranze a Teofilo Rossi che dovevano aver luogo domani. La ragione del rinvio è alquanto strana, perché non si rimanda cinque giorni prima per il cattivo tempo una festa che non ha proprio bisogno del sole primaverile per svolgersi. Ma a noi importa poco della città o borgata o casale di Val della Torre e del barometro di cui può disporre il suo farmacista, piú acuto e delicato di Chionio se riesce il 23 a indovinare il tempo che farà il 27. È affar suo se vuole ornare del nome di «aria ai monti» l’elenco dei cittadini. Rivoli ha il monumento a Giolitti, benemerito dell’impresa libica. Cuneo ha dato allo stesso (onore neppure concesso a Cavour che pure aveva dei meriti un pochino piú vistosi) la sua cittadinanza onoraria. Val della Torre si accontenta di «aria ai monti», non potendo pretendere a uno dei numi maggiori dell’Olimpo. Ma all’ultimo momento rimanda a miglior occasione il fausto evento. Peccato, perché il 27, oltre che giorno di paga per gli impiegati era anche la ricorrenza di S. Teofilo, e il nostro amico avrebbe colto due piccioni ad una fava, e avrebbe potuto nel suo discorso, infarcito di qualche verso dantesco, fare anche l’elogio del suo patrono dopo la messa grande, risparmiando al parroco la compulsazione del martirologio.
Ci domandiamo però: per quali meriti speciali Val della Torre aveva deciso di concedere la sua cittadinanza onoraria e la pergamena commemorativa ad «aria ai monti»? Perché molte sono le attività in cui si distingue il nostro, e vorremmo sapere da quale specialmente è stato colpito lo spirito civico dei torresi. Dalle qualità enologiche? Certo molti sono i meriti di chi si preoccupa di addolcire il palato dei propri simili e di dilatare il loro ventricolo con quell’aperitivo di prim’ordine che è il vermouth. Ma questo è un merito nazionale, e vi ha già pensato il re con la contea e il laticlavio. I meriti di dantista? Veramente ricordiamo che il povero prof. Renier, non sospettando che la stessa sciagura sarebbe toccata anche a Lui, ebbe ad esclamare: «Che asino!», quando «aria ai monti», orazionando Arturo Graf, tirò fuori l’ormai famigerato verso dantesco: «Sillogizzò invidiosi veri!». I meriti patriottici? O non era neutralista e giolittiano per la pelle il conte vinattiere fino alla vigilia della venuta di Salandra? I meriti di guerriero? La divisa da capitano degli alpini non crediamo abbia nessuna macchia di sangue, e le trincee espugnate si riducono a quella dell’Hôtel Boulogne e a quella che gli prepara il cuoco per ogni modesto desinare. I meriti amministrativi? Basta sfogliare la collezione della «Stampa» per convincersi quanto essi siano sempre stati grandi; l’ingegnere Sincero potrebbe essere ultimamente interrogato in proposito (ricordiamo gente non sospetta di sovversivismo e trascuriamo i conti dell’Esposizione, intorno ai quali i torresi non devono essere ancora informati). I meriti?…
Ma noi siamo matti e ingenui. Occorrono forse dei meriti per essere nominati cittadini onorari di una qualsiasi città o borgata o casale? La cittadinanza onoraria è quella tal forma di commedia ironicamente convenzionale, per essere protagonisti della quale basta aver mandato una cassetta di buone bottiglie al sindaco o al segretario comunale o al farmacista del paese onorario.
Si dice che sette città si contendessero l’onore di aver dato i natali a Omero. Evidentemente di sei di esse Omero era solo cittadino onorario, ma di lui si era ormai persa la fede di nascita, e l’onore si confuse con il fatto reale. Non crediamo che fra cinquant’anni siano tanti i casali che si contenderanno la cittadinanza di «aria ai monti». Carmagnola ne avrà abbastanza del monumento che la ditta avrà innalzato al suo solerte cantiniere per rendere piú proficua ed economica la réclame del prodotto nazionale e di fama mondiale.
(26 febbraio 1916).