Disagio

Per Torino e per l’Italia si va comunicando e diffondendo una impressione di disagio. Lo nota la «Gazzetta dei tribunali», e l’osservazione ci pare abbia una grande importanza per la storia nazionale: un paese di trentacinque milioni di abitanti «a disagio» non può essere un paese felice, non può essere un paese contento, non può neppure essere un paese appena appena soddisfatto: è necessario che gli uomini politici rivolgano la loro attenzione a questo stato d’animo morboso e provvedano.

La Lega d’azione (!) antitedesca ha già condensato in un ordine del giorno l’impressione di questo disagio che si comunica e si diffonde dall’Alpi al Lilibeo, e la Lega che è d’azione domanda azione: censura per i resoconti giornalistici del processo per i fatti d’agosto, censura in tribunale per gli imputati, per i testimoni di difesa, per gli avvocati; censura per le sedute d’udienza, che dovrebbero essere tenute a porte chiuse; censura per i censori che non sanno censurare.

La Lega d’azione (!) antitedesca ha ragione. Essa continua la sua azione, essa sviluppa la logica della sua azione e del pensiero (!) che anima lo spirito degli uomini che ne fanno parte.

Il pensiero è questo: «La parola è l’azione. La parola è tutto. Il mondo è una parola. L’Italia è una parola. La guerra è una parola. I cittadini sono parole. La resistenza è una parola. La disfatta è una parola».

Il sole camminava. Giosuè disse: Fermati, o Sole! e il sole si fermò, in virtú di quell’alta parola. Piú tardi qualcuno pose in dubbio la «fermezza» del sole, e il sole divenne capriccioso. Ma Galileo sostenne: Eppur si muove! e la partita fu vinta definitivamente. La parola è tutto: ferma e fa muovere il sole.

Questa concezione lessicografica del mondo e della storia ha un grande fascino e una imponente dignità. Il materialismo storico la spiega: ognuno ha la concezione del mondo corrispondente al sistema di vita pratica che segue. La Lega d’azione (!) antitedesca è guidata dal prof. Vittorio Cian. Il prof. Vittorio Cian è un uccellatore di parole: la parola è tutto. I libri valgono battaglie, i discorsi sono mitragliatrici. Gli antitedeschi, i patrioti parlando sgominano le orde teutoniche e magiare: essi ne sono persuasi e parlano il piú che possono per sgominare il piú che possono. Ma purtroppo non essi soli parlano: ecco la disgrazia dell’Italia. Altri parlano e non per dire le stesse cose. Si può comprendere ciò che succede: la maggioranza delle parole antitedesche viene pugnalata alle spalle da queste altre parole, e l’eroico manipolo che sopravvive non può far gran cosa.

Oh, fosse rimasta la parola al solo prof. Cian! Quante disgrazie in meno, quante vittorie in piú!

Certo i fatti di Torino non sarebbero successi. Infatti: sono i fatti di Torino avvenuti perché mancò il pane? Che ingenui! Sono avvenuti perché qualcuno ha detto: manca il pane. La fame… esiste la fame? chi ha mai visto la fame? ma esiste la parola: fame. Ecco, perché mai hanno inventato questa parola? La fame esiste perché esiste la parola. Se avessero dato lo stesso nome alla fame e alla sazietà, alla carestia e alla abbondanza, tutti, avendo fame, avrebbero avuto la persuasione di essere sazi e vedendo vuoti gli scaffali dei panettieri avrebbero detto: quale mai abbondanza di pane!

Voi comprendete quanto suggestiva e ricca di risultati energetici sia questa concezione del prof. Cian e degli antitedeschi. E comprendete come sia evidente la criminalità degli imputati al tribunale di guerra. E comprendete ancora quanto sia giustificata la apprensione per il disagio che si va comunicando e diffondendo a Torino e in tutta Italia.

Il processo è stato male impostato. Si sarebbe dovuto investire dei poteri da tribunale di guerra il consiglio direttivo della Lega antitedesca. Il prof. Vittorio Cian avrebbe funzionato da presidente. Domandati i nomi e cognomi degli imputati tanto per non fare sbagli nel cancellarli dallo stato civile, il prof. Vittorio Cian avrebbe fatto una sola domanda: «Avete detto che nei giorni precedenti ai moti mancava il pane?» Gli imputati avrebbero risposto di sí. Il prof. Vittorio Cian avrebbe subito fatta la requisitoria: «Poiché non la mancanza del pane è deleteria, ma l’accorgersi di questa mancanza, e andar diffondendo la notizia facendo sí che anche gli altri se ne accorgano, e fatti accorti sentano fame, e sentendo arbitrariamente fame si agitino, gli imputati sono rei confessi. Chi approva e condanna alla fucilazione nella schiena alzi la man ». Tutti i presenti avrebbero alzato la mano e l’affare sarebbe stato finito.

Invece… si permette di discutere; si permette di parlare; si permette di accusare. Si permette che il dubbio entri nell’animo dei lettori dei giornali. Si permette che il disagio si diffonda e si comunichi. Le madri balzeran nel sonno esterrefatte e tenderanno nude le braccia sul loro caro lattante onde nol desti il ronzio delle parole disfattiste.

Poiché la parola è tutto, poiché la resistenza è una parola, e la guerra si fa con le parole, e i discorsi sono mitragliatrici, e i libri sono battaglie, non si permetta ai criminali socialisti di puntare le mitragliatrici alle spalle dei patrioti. Come l’Italia potrà dunque vincere la guerra se non il solo prof. Cian parlerà, ma anche Serrati e Barberis?

Largo alla lessicografia, alla lessicomachia: la scienza italiana che abolirà il disagio chiamandolo volontà indomita, che vincerà i tedeschi, dimostrando come per la logica delle idee, per la tradizione delle parole, per la virtú delle frasi, essi siano condannati alla sconfitta fin da quando il padre eterno emise il suo Fiat creatore.

(21 luglio 1918).