Odilio

Il delegato Tabusso, reggente il commissariato di Borgo Dora, è stato nominato vicequestore di Torino. Il delegato Tabusso ha salito un gradino della gerarchia amministrativa e lo ha salito senza esame. Il giorno 29 agosto 1919 rimarrà data memorabile nella vita del delegato Tabusso, al quale un pensiero gentile di madre ha regalato piamente il dolce nome di Odilio.

Tra i motivi costanti che hanno sempre finora operato nel promuovere le azioni degli uomini — il possesso della donna, del denaro e del potere — questo ultimo ha specialmente operato nella crepuscolare coscienza del nostro uomo, che risponde al dolce nome di Odilio. Se i buoni e pii genitori — che la notte, velando con la mano la domestica lucerna, si recavano in punta di piedi a mirare il tenero fantolino Odilio angelicamente addormentato nella rosea culla — avessero intuito l’avvenire, il vicequestore di Torino oggi si farebbe chiamare Napoleone, Baldassarre, Giulio Cesare, Amilcare e non con il dolcemiagolante nome di Odilio. Odilio era nato sotto la stella poliziesca. Egli è diventato il poliziotto-tipo, il vice delegato-tipo, il delegato-tipo, il reggente-tipo di un commissariato, e sarà il vicequestore-tipo. Egli è la praxis poliziesca incarnata. Abborre la teoria, le teorie, le idee generali, lo studio, i libri. Egli è per la pratica.

I gradini della gerarchia del potere li ha superati «sperimentalmente». Tra il fare un esame e l’accoppare un uomo, per distinguersi e acquistare meriti, il dolce Odilio sceglie sempre il pratico accoppamento. Egli conosce un solo principio: il principio di autorità delegato nella sua persona. È avvocato (laureato in legge, ed è noto che oggi sono laureati anche e specialmente i fegatelli), ma ignora la legge. Su lui si dimostra lampantemente come la legge sia una mera finzione, una finzione che diventa tragicamente burlesca quando nella sua persona delegata si inalbera come un asinello infuriato per gli effluvi primaverili e stride e imperversa e accoppa, accoppa, accoppa.

Odilio è diventato vicequestore, senza esame, senza concorso, per riconoscimento di meriti conquistati sperimentalmente. Questa nomina è la somma dialettica di una catena di violenze, di arbitrî, di spavalderie verso l’esterno, verso il vile gregge dei sudditi, verso gli uomini delle strade e delle piazze, verso gli operai, verso i liberi cittadini, in una parola, resi uomini dal trionfo dei sacri principî dell’89, e di vigliaccheria e strisciamenti e bassi servizi verso l’autorità, verso i detentori del potere, una cui particella è delegata nella persona del nostro uomo che risponde al nome mellifluente di Odilio.

Quante violenze, quanti arbitrii, quanti accoppamenti, quanta vigliaccheria, quanti bassi servizi esprimerà la praxis tabussiana perché Odilio veda cadere il vice dalla carica che lo estasia?

(31 agosto 1919).