Lazzaronismo

Il popolo italiano si agita a Torino: correnti spirituali nuove lo percorrono e lo fanno vibrare di santo entusiasmo; innalzato dalla vittoria fino alle purissime cime dell’ideale umano, nella pienezza della sua vita nazionale, il popolo italiano percorre a Torino le vie larghe, si stende nelle grandi piazze, guidato da saggissimi cittadini nei quali ripalpitano le anime-stelle polari di Mazzini, Garibaldi e prof. Lollobrigida. Il popolo italiano sono gli scolaretti medi (noi siamo piccoli, ma cresceremo!), le anime polari sono i proff. Lollobrigida, Cian e Mannaggialarocca Monti; nel sacro Carroccio sventolano al bel sol d’Italia gli stendardi delle città romane della Dalmazia. Audaci drappelli, votati agli scapaccioni, rudi anzichenò, degli operai, prendono d’assalto (o Arditi, milizia che esprimi l’energia immanente della stirpe!) i manifesti annunzianti l’uscita dell’«Avanti!» piemontese e vi affondano voluttuosamente i pugnaletti-temperamatite e i pennini: l’idra proletaria boccheggia per le ferite, e la colla trabocca dagli squarci micidiali. Comizi d’una grandiosa imponenza si radunano dinanzi ai templi della cultura e della educazione nazionale: «Italiani! — rimbomba una voce in cui tutto l’avvenire della stirpe infonde armonia e calore mistico — Soldati! la Gesta non è ancora al suo compimento, morire ancora bisogna: strappiamo i manifesti dell'”Avanti!” e in coro gridiamo: Viva la Dalmazia italiana!» La coscienza sotterranea della stirpe si esprime dalle adorabili rosee boccucce, volano coriandoli e scorze di castagne verso l’alto, dove la nebbia nasconde il sole.

Gli spiriti magni di Vittorio Cian e di Arnaldo Monti stillano intanto dagli occhi commosse rugiade di lacrime nazionali; l’opera diuturna di quattro anni non fu spesa invano; la coscienza della Patria è plasmata; i giornali scriveranno: la volontà del popolo italiano arriverà fino ai responsabili e segnerà l’indirizzo per l’opera ricostruttiva.

Cosí a Torino la Storia partorisce la Nazione rinnovata: cosí l’Alta Cultura universitaria e liceale educa le generazioni nuove. E non si può negare che le tradizioni immanenti nella storia d’Italia non prendano forma. Gli scolaretti disertano le lezioni per ascoltare le concioni: i bimbi d’Italia son tutti Balilla, scrivono poemi immortali con una sassata, escono dal conio materno con infusa la sapienza e la saggezza degli avi. La tradizione istintiva di prima della guerra diventa autocoscienza dopo la vittoria: i maestri, gli educatori si pongono alla testa del movimento di riscossa contro la scuola pedantesca, la scuola in cui i professori fanno lezione e gli scolari assistono e studiano. Tutta Italia è una scuola: nelle piazze e nelle vie è la scuola, i testi classici sono i sassi, la saggezza è negli ululati e nei fuggi-fuggi. L’anima eroica delle giovani generazioni si rifiuta di costringersi nei vecchi schemi della disciplina e dell’ordine, cosí come il classico lazzarone si rifiuta di sacrificare la sua bella libertà, pidocchiosa ma assoluta, per costringersi nella disciplina del lavoro permanente e sistematico. Perché la tradizione immanente nella stirpe, la tradizione che trova nei maestri e negli educatori come Vittorio Cian e Arnaldo Monti la sua autocoscienza, è il classico lazzaronismo italiano.

(18 dicembre 1918).