Hanno chiuso i caffè concerto e i varietà. È proibito divertirsi, comprare il divertimento dei caffè concerto e dei varietà. L’autorità è dovuta intervenire. Ci sarebbe stata ancora una folla di gente che avrebbe continuato a frequentare i ritrovi del piacere piú banale e piú volgare se l’autorità non fosse intervenuta.
Noi comprendiamo che l’autorità sia intervenuta. Ci maravigliamo che non sia intervenuta prima. Non perché sia nei nostri desideri che l’autorità intervenga in ogni cosa a regolare la volontà e la vita dei cittadini, ma perché vorremmo che ogni manifestazione di vita avesse una sua logica, si inquadrasse in un programma, e questo programma si cercasse di realizzare. Lo Stato è intervenuto per regolare la manifestazione delle idee dei cittadini: ha istituito la censura preventiva, ha decretato condanne severissime per chi espone alcuni modi di vedere o di non vedere. Vuole che il pensiero manifestato sia uniforme, di taglio democraticamente uniforme. Ogni originalità gli pare nociva agli interessi pubblici. È proibito il lusso, il divertimento del pensare, del fare sfoggio della propria intelligenza, della propria ricchezza interiore (e sia pure ricchezza di cenci di similoro). La censura di questa ricchezza è stata inesorabile, ha sequestrato, ha bruciato, ha distrutto.
È mancata l’altra censura, la vera tradizionale censura, che colpisce il censo, il lusso, il piacere. Nessuna legge che proibisse l’ostentazione della ricchezza inutile, perché trasformata in gioielli e acconciature, e detratta al lavoro, alla produzione. Il censore dei costumi non è stato creato cosí come quello delle idee. Unico censo da limitare, le idee, unica ricchezza da sequestrare, le idee. Lo Stato si è rivelato sempre meglio per Stato borghese, nel significato piú gretto. Le idee sole sono i nemici dello Stato. Non le idee che possono sorgere in tutti i cittadini nel vedere certi spettacoli, ma determinate idee, quelle di determinate persone, e di determinati aggruppamenti.
[Sei righe censurate].
(16 novembre 1917).