Stregoneria

Paola Omegna, la fattucchiera di via Verolengo, era riuscita a farsi un’assidua clientela specialmente nelle famiglie dei soldati che sono al fronte. Non stupisce. La guerra pone violentemente l’uomo di fronte alla morte, lo obbliga a pensarci continuamente, lo obbliga a riflettere sul cosí detto mistero della vita, e gli stati d’animo che ne risultano sono sfruttati subito dalla religione e dalla stregoneria.

Si è fatto un gran parlare delle correnti nuove religiose che la guerra avrebbe creato. Sarebbe stato piú esatto dire che la guerra, con le reazioni psicologiche che suscita, avrebbe rimesso in onore la stregoneria. Anche il sacerdote che innalza l’ostia consacrata per il volgo è uno stregone, come la fattucchiera che fa suffumigi sotto il gufo impagliato. Interrogano ambedue il mistero, sono ambedue interpreti di un mondo soprannaturale che l’anima incolta e grossa del credente volgare (al quale sfugge il gioco delle forze umane razionali che regolano il destino del mondo e la storia degli uomini) crede gli sovrasti, schiacciandolo con la sua fatalità ineluttabile.

L’indifferenza religiosa dei tempi normali, l’assenza della pratica del culto, non è indipendenza, non è liberazione dagli idoli. La religione è un bisogno dello spirito. Gli uomini si sentono spesso cosí sperduti nella vastità del mondo, si sentono cosí spesso sballottati da forze che non conoscono, il complesso delle energie storiche cosí raffinato e sottile sfugge talmente al senso comune, che nei momenti supremi solo chi ha sostituito alla religione qualche altra forza morale riesce a salvarsi dallo sfacelo. L’uomo grosso non ha sostituito (perciò diciamo che è grosso) nulla alla religione. La vita si chiude per lui nel cerchio delle occupazioni quotidiane. Il suo corpo, le sue membra, salde, inguainate nella corteccia vigorosa, gli dànno la sicurezza della salute; se il microbo lo intacca, lo aggredisce scombussolandogli l’ordine naturale, egli ricorre all’empirico che ciarlataneggia: la ciarlataneria controbilancia il mistero delle leggi filosofiche. Se il destino lo coglie, lo trascina nella sua furia rapinatrice per scagliarlo contro energie che non conosce e che deve vincere sfracellandosi, egli si turba; non capisce che volontà umane possano creare cosí enormi catastrofi e ricorre allo stregone, al sacerdote: il formulario magico, il latino del breviario, l’incenso, il fumo delle erbe aromatiche bilanciano questo enorme mistero che sente gravitare intorno a sé implacabile. Non parliamo quindi di rinascita di misticismo, di riconquista religiosa. La massa amorfa che ondeggia perennemente fuori di ogni organizzazione spirituale, è preda buona per tutti: per gli stregoni quando il mistero incombe, per i socialisti quando gli effetti mostrano della guerra l’infecondità organica. È il materiale umano necessario per creare la storia, materiale appunto e non coscienza, che nulla crea esso stesso se la scintilla dell’intelligenza non lo avviva e lo accende. E gli stregoni, si chiamino Paola Omegna o siano vescovi o cardinali, non sono intelligenze, né coscienze, sono sacerdoti che ridono tra loro dietro gli altari.

(4 marzo 1916).