Il cannone di Orban

Come si sa, era anche piú grosso del 420 (era di 650 mm), ma scoppiò subito dopo il primo colpo che aprí la breccia nelle mura di Costantinopoli e permise a Maometto II di fare il suo ingresso trionfale in Santa Sofia. Ci pareva che la celebre bombarda fosse di nuovo risuscitata quando Madame Sorgue si è presentata alla tribuna, accompagnata da Orban, cioè da Donato Bachi, l’acciarino che doveva dar fuoco al colpo micidiale. L’Università popolare, o chi per essa, non ha avuto la mano felice, come, invero, non l’ha mai, o quasi mai avuta. Il problema dell’atteggiamento dell’Inghilterra nella guerra europea è cosí complesso, cosí strettamente legato alla storia, alla costituzione dell’impero inglese, che non una incompetente come Madame Sorgue avrebbe dovuto parlarne, ma qualche altro che avesse al suo attivo, oltre che buona provvista di aggettivi e di espressioni luccicanti (De Sanctis ha detto che l’aggettivo è il modo di esprimersi di chi non intende), anche della soda preparazione culturale e serietà di intenti e che vivesse intensamente il dramma della catastrofe europea per comunicare agli altri il brivido di questa sua commozione. Madame Sorgue ha diffamato l’Inghilterra. Sicuro: perché presso chi si rispetti, tutto il tritume di banalità che ella ha rovesciato sulla cinquantina di persone che l’ascoltavano, non poteva che far ridere dell’Inghilterra e degli inglesi, e non fa meraviglia che al suo invito di gridare Viva l’Inghilterra, abbia risposto invece il grido di Viva… la Francia. Donato Bachi sarà contento allo stesso modo, ma non dovrebbe essere contento il segretario dell’Università popolare, che dovrebbe capire che non si può e non si deve ridurre un’istituzione di cultura a palestra di tiro contro le mura di… Costantinopoli, e non si devono storpiare gli ascoltatori coi frantumi del bronzo d’un cannone scoppiato. Dovrebbe capire, e con lui molti altri, che la guerra è troppo terribile cosa perché possa essere trastullo dei dilettanti della parola, degli oratori di professione che portano in giro la loro tronfia corpulenza cerebrale per oscurare invece che illuminare. Si dice che un giornale ultrainterventista si sia rifiutato di pubblicare il resoconto dell’esplosione. Povera Università popolare! Voleva far conoscere ai torinesi l’Inghilterra, che non ha commessi viaggiatori, che anche in questo momento continua a rimanere un’isola di isole, e fa degli sforzi sovrumani per rinnovarsi, europeizzarsi, e mentre qui a Torino, Alberto Geisser pubblica un libro sull’impero inglese — che è un miracolo di robustezza e di saldezza dottrinale — e Luigi Einaudi nella «Riforma sociale» in vari saggi mostra con quanta simpatia intellettuale abbia accostato la questione inglese, Donato Bachi, l’ultrariformista, fa venire la Sorgue, pedestre e piatta, quantunque dalla voce e dall’aspetto di bombardiera e di genio della furia rivoluzionaria, rimasticatrice di motivi di giornali della stampa gialla, perché dica dell’Inghilterra quacquera e smidollata, povera vittima (quante vittime in questa guerra) della perfidia teutonica. Ma Torino, come si sa, è quella città dove i socialisti bizantineggiano sul pelo della capra, e per sfondare le sue mura granitiche e permettere l’ingresso al sanguinoso cavallo di guerra di Maometto, era necessario Orban e la sua bombarda da 650, anche se essa avesse dovuto scoppiare dopo il primo colpo e mandare in frantumi il disgraziato e scialbo inventore.

(23 febbraio 1916).