Non sappiamo cosa sia accaduto, ma certamente qualche cosa è accaduto. Perché il nero non può diventar bianco e viceversa solo per opera dello spirito santo. Il fatto è che il grido di dàgli all’untore! è stato emesso, è stato raccolto, ha avuto degli echi e pare continuerà ad averne. L’untore è il prefetto Verdinois. Egli era arrivato a Torino col capo circonfuso dell’aureola dell’arcangelo vendicatore. Novello Ercole, avrebbe dovuto pulire le giolittiane stalle (stalle lo sono certamente) di Augia, purificare, moralizzare. La «Gazzetta» era arcisoddisfatta; il «Momento» e la «Stampa» sembrava a tutti masticassero amaro. Un’èra nuova si preparava: èra di giustizia, di equità distributiva, di arresti di sovversivi, di amichevoli strette di mano fra questurini e rivoluzionari interventisti.
Or che succede, perché si rompa l’idillio? Quali fatti sono successi che a noi sfuggono, ma che possono avere avuto tanta importanza da determinare una cosí repentina levata di scudi? Un consigliere comunale che è diventato la lancia spezzata dell’amministrazione Rossi, che scrive nell’edizione serale di un giornale cittadino (heu pudor!, e perché non nell’altra?) dei soffietti pieni di rugiadosa untuosità, potrebbe darci dei lumi in proposito. Potrebbe spiegarci come mai il prefetto da salandrino sia diventato di colpo d’un giolittismo piú nero del carbone, come mai sia possibile fare delle sottili distinzioni fra prefetto, governo e giunta municipale e scaraventare tutta addosso al primo la responsabilità della mancanza di grano a Torino, mentre gli altri due sarebbero candidi di colpe come agnellini.
Verdinois salandrino o giolittiano per noi fa lo stesso. Il cambiamento di etichetta non può far cambiare il contenuto del barattolo, che rimane allo stesso modo repulsivo. È verissimo che Verdinois se ne frega di tutto e di tutti. Desidera soprattutto rimanere tranquillo. Probabilmente non sa come cavarsela fra le necessità salandrine del momento e le eventualità del futuro, che potrebbe, chi sa, anche essere giolittiano. Il che non gli impedisce di fare discretamente il suo mestiere di poliziotto, se non sa fare quello di amministratore.
Ma questa commediola che vediamo recitare ci interessa, stuzzica la nostra curiosità; l’abbraccio mandato da Verona a chi primo mosse la pedina, ci ha commossi fino ai precordi. Ed è a costui, a questo consigliere comunale in partibus infidelium che domandiamo per favore sul suo quotidiano, non un articolone ma una letterina, una semplice e modesta, garbata letterina, come egli sa scriverne tante, dove ci siano i sospirati lumi, che ci rischiarino e salvino l’anima nostra dal peccato mortale.
(15 maggio 1916).