Il silenzio è d’oro…

Il consiglio comunale emise un giorno un voto per impedire che una chiesa monumentale finisse nelle ugne dei gesuiti. Dopo quattro giorni questi si impadronirono della preda agognata… Chi se ne è occupato? Silenzio assoluto. L’amministrazione civica tace, il sindaco va e viene da Roma a Torino a Montecatini, in cerca di un portafoglio ministeriale o d’una feluca diplomatica… La stampa tace… Non un quotidiano torinese, all’infuori del nostro, ha trovato qualche cosa da ridire. I gesuiti… oibò, roba vecchia ormai; poi hanno tale fama di lottatori possenti ed accaniti, che è bene non disgustarli, possono diventare nemici troppo pericolosi. Calpestano la legge, si infischiano dei voti del consiglio comunale, non aspettano affatto la decisione della magistratura, si appropriano di un monumento d’arte, tendono le loro reti per imprigionare anime e corpi, fanno sentire la loro influenza nefasta in ogni manifestazione della vita cittadina; captatori d’eredità, violatori e sfruttatori dei segreti familiari, deformatori delle coscienze e delle menti giovanili, che importa?

L’equilibrio politico torinese è talmente instabile che occorre tacere e sopportare. Cosi la «Gazzetta del Popolo» che, erede della tradizione democratico-anticlericale boteriana, ha sino a ieri ostentato di negare il suo appoggio ai candidati clericali della coalizione borghese, non degnò d’una riga l’avvenimento; cosí la «Stampa», cosí il «Momento». Il giornale clericale non accenna a tale questione che interessa profondamente la comunione dei fedeli. Vi è un dissidio acuto fra l’intera massa dei parrocchiani e le autorità ecclesiastiche. Queste sono accusate apertamente di essere asservite ad una setta dagli occulti disegni, ed il giornale clericale non interviene, non spiega, non difende.

I gesuiti preferiscono lavorare nell’ombra, e la miglior prova di devozione che adesso si possa dare è di lasciarli fare e di non difenderli troppo; la difesa fa sempre del rumore ed il chiasso nuoce sempre. Dimodoché oggi, dopo tanti secoli di lotte e tante conquiste, in una grande e moderna città italiana è possibile constatare che una setta, espulsa dallo Stato, famigerata per delitti e per opere nefaste, può contare sulla tacita acquiescenza, sulla complicità indifferente delle maggiori autorità, della stampa, delle classi dirigenti.

Ché il silenzio sembra un sistema meraviglioso. Come i gesuiti, cosí i signori dell’Esposizione.

Accusati di pessima amministrazione, invitati a rendere i conti, convinti di sperperi, di incapacità, di debolezze verso ladri ed avventurieri, tutta questa brava gente tace. Senatori, assessori, commendatori, giornalisti non rispondono, non si difendono. Si può accusarli ed ingiuriarli, non c’è pericolo che si rivoltino. Il cane a cui si pesta la coda abbaia, e tenta di azzannare; costoro proseguono impassibili. Stretti gli uni agli altri, consci della necessità suprema di una solidarietà cieca ed assoluta, preoccupati solo di resistere fino a che sarà possibile agli assalti del popolo, che ogni loro fortezza assedia e sta per sormontare, hanno troppa paura per poter ancora avere libertà, e potersi permettere il lusso di tutelare la propria dignità. Alla borghesia torinese chi un calcio vuol dare? Chi vuole sputacchiare sul viso ad un pezzo grosso qualsiasi della politica? Non c’è nessun pericolo, nessuno si ribellerà.

(7 luglio 1916).