La gogna

Ogni privilegio suppone un’attività indispensabile, quindi un dovere assoluto e perentorio. Ma poiché la «natura» umana è imperfetta, conseguentemente al peccato originale, il privilegio cerca godere il bene sottraendosi al dovere: allora la imperfetta «natura» dei non privilegiati inventa la gogna come correttivo volontario alla volontaria sottrazione. Pertanto noi ci dichiariamo fautori della gogna, pur sapendo di non poter evitare il biasimo del secolo incivilito, libero pensatore e umanitario.

E ragioniamo cosí: l’esercente è assolutamente indispensabile perché gli uomini continuino a nutrirsi, quindi a respirare e per ragione diretta a vivere. L’esercente rappresenta l’obiettivazione della legge naturale: «il piccolo commercio deve vivere». La cooperazione, la municipalizzazione sono scherzi della natura, indegne che la saggezza politica dei reggitori rivolga loro l’attenzione. Ma il dover essere esercentesco impone obblighi agli esercenti. La libertà del commercio è libertà condizionata: dalla carestia, dai trasporti, dalla competenza burocratica. Con tante condizioni questa libertà perde la maggior parte dei suoi attributi e ritorna alla forma mercantile del feudalismo. E allora sorge il concetto di gogna.

La forma mercantile sostiene la legge naturale del dover essere contro la libertà, ma ammette che il mercante deve essere utile ai cittadini. Ai cittadini è limitata la libertà di scelta dell’albero al quale impiccarsi, ma la limitazione implicitamente consente la sicurezza della buona disposizione dell’albero. Il mercante deve esistere, ma deve non fare distinzione tra cittadino e cittadino nello svolgimento della sua attività naturale: egli è oggetto di privilegio, non può diventare datore di privilegio, egli è scelto, non può scegliere. In quanto esce da questo ambito compie un atto di volontà, esce dalla natura, deve essere punito. Ma il codice civile e penale, compilati dopo la Rivoluzione francese, non sono abituati a tale genere di reati: il codice civile e penale sono in dipendenza di una forma di proprietà privata che ha subito innovazioni profonde, che è stata liberata dai vincoli di privilegio mercantile. Il mercante di tempo di guerra, come il mercante del periodo feudale, nuoce piú essenzialmente di quanto possa fare il mercante in libera concorrenza: attenta alla vita, non solo alla borsa. Il macellaio che del manzo ricevuto sotto il vincolo del privilegio, fa due parti: una della carne migliore, per un ristretto numero di eletti, che cosí non mancheranno mai del necessario e del superfluo e sono messi fuori dei rischi di guerra; e l’altra della carne scadente, ossa comprese, per l’Innumerevole che deve contendersi individualmente la preda con gli agguati mattutini; questo macellaio non può cadere sotto le sanzioni dei moderni codici. Egli straccia un contratto sociale che non è contemplato in questi codici. Egli si fa datore di vita a Tizio piú che a Sempronio, egli cade sotto un codice naturale che è quello del taglione.

Noi constatiamo, non auguriamo né ci proponiamo. Constatiamo una realtà, in tutta la sua complessa necessità. E ricordiamo la gogna. Essa era la pena piú mite nei tempi corrispondenti ai nostri, per la forma giuridica regolante la convivenza sociale. Essa era garanzia di vita, di sicurezza. La legge non può evitare che la frode sia esercitata ai danni dei cittadini; le sue sanzioni non impauriscono, non prevengono. Dunque la gogna per gli uomini, la passeggiata sulla groppa dell’asinello per le donne. Su ogni piazza una berlina: la domenica vi siano esposti i mercanti prevaricatori; sia permesso agli sputi di dipingere i loro visi.

Inciviltà, regresso? La civiltà e il progresso sono concetti relativi, giustificati dalla storia e dalla necessità. La forma di società in cui viviamo domanda la gogna; solo facendocene fautori dimostreremo di essere all’altezza dei tempi.

(29 agosto 1918).