Volgarità

Mi sono svegliato oggi con un’incoercibile tendenza ai pensieri volgari. Il ventre ha preso il sopravvento sul cervello, l’argomento dell’inutilità sull’argomento della bellezza. La città mi appare non piú come un monumento inanellato in un’aiuola fiorita, ma come una cascina circondata dall’orto rustico. Abbiamo noi diritto alla bellezza, quando ancora non è esaurito il compito dell’utilità, possiamo, senza rimorsi, sperdere fatica e lavoro per una bella costruzione, quando ancora la metà degli uomini non ha ancora abitazione sufficiente, possiamo preoccuparci di una bella balconata quando ancora i nove decimi delle case non hanno il cesso inglese? Pensieri volgari, preoccupazioni antiestetiche, ma che volete? Stamane esse mi assillano, non riesco a liberarmene; la volontà non riesce a farle tacere, a sbarazzarne le circonvoluzioni cerebrali.

Al Valentino si seminano patate. Coppie di buoi procedono robustamente a dissodare il terreno che ha alimentato finora radici di fiori, che è stato ricoperto dei teneri velluti di erbetta tosata, nei quali i bimbetti in gala rincorrevano i graziosi canini, e canini di razza, nei quali la notte… (stendiamo un velo pudico sulle notti del Valentino). L’aiuola è diventata orto rustico; il bifolco spezza la dura crosta della terra per fecondarla con fette di patate. È un simbolo. L’utilità reale non può essere molta.

Raccolta di patate sufficiente a sfamare per un giorno la metà della popolazione torinese. E il Valentino incolto non può paragonarsi alle terre, già coltivate e fertili, rimaste incolte per la mancanza di braccia. Non è dunque che un simbolo. L’utilità anteposta alla bellezza, il ventre alla fantasia. Si sono accorti che è necessario educare all’utilitarismo, che non è materialismo perché è ricerca del benessere degli altri. Se ne sono accorti perché la guerra fa pericolare il benessere di tutti, può privare tutti del necessario per vivere. Se questi tutti fossero stati solo la maggioranza del popolo, la bellezza non sarebbe stata sacrificata, l’utilitarismo avrebbe continuato ad essere dottrina della classe proletaria, avida di godimenti, solo pensosa del ventre. Non si sarebbero coltivate le patate nel Valentino, perché gli «esteti» non ne avrebbero avuto bisogno, e le patate sono cibo plebeo, zavorra di stomaci volgarmente voraci. La borghesia è antiutilitarista, è idealista, abborre la volgarità. Procura ai suoi figli abitazioni ampie e curate, circondate di giardini e di fiori. Profonde milioni nella bellezza, negli stucchi, nei colori. Procura lavoro, che diamine! Diventa utilitarista solo per altruismo! Costruisce acquedotti quando il tifo minaccia di non limitarsi al sangue plebeo, ma osa aggredire il sangue sottile borghese. Coltiva patate nei giardini, quando la necessità tesserata pare voglia arrivare fino ai ventri dorati. Si accorgerà che è necessario pensare ai cessi inglesi piuttosto che alle balconate, quando l’urbanesimo frenetico farà sorgere il pericolo di maleducate epidemie. Si accorgeranno allora definitivamente che l’utilitarismo è idealistico perché non è egoismo, ma preoccupazione per il prossimo, senso di dovere civico.

La volgarità attuale sarà cantata dai preti: il teatro rappresenterà il dramma morale dell’uomo che lotta, nel dissidio ideale di dover scegliere tra il cesso inglese e la colonnata di stile.

(4 marzo 1918).